Foglie in preda al vento

/ 06.12.2021
di Natascha Fioretti

Come state? Una domanda bizzarra, penserete, io però la sento necessaria perché scontata non è la risposta. Lo sapete, adoro il periodo che precede il Natale fatto di candele accese e un profumo misto di cannella, cioccolata, pan pepato e biscotti appena sfornati. Il buio illuminato dalle luci. L’aria che ti punge naso e orecchie, ti fa strizzare gli occhi e ti ricorda che ci sei, sei presente all’appello dell’universo. Ma arrivata al dunque quest’anno mi riscopro sottotono. Sarà che sono a dieta (non ridete è una cosa seria!). Sarà che mi sono portata avanti troppo presto (per paura di non trovarne più, come l’anno scorso, ho comprato il calendario dell’Avvento già il 5 di novembre) gongolandomi in un sentimento di Vorfreude durante le miti e colorate giornate ottobrine. Sarà, dunque, ma in questi giorni di dicembre avverto un sentimento di incertezza. Le temperature di colpo si sono irrigidite, l’aria ballerina e pungente attraversa dispettosa la coltre d’abiti caldi sferzando piccole frustate all’animo che colto di sorpresa si ritira.

Al di là delle atmosfere romantiche, delle rimembranze fanciullesche di Natali imbiancati e di messe cantate in Germania, più di tutto questo lungo periodo ha sempre rappresentato un punto fermo. Per i suoi riti naturalmente, le tradizioni. Per quegli appuntamenti festosi che animano e vestono piazze e strade cittadine. Ho sempre avvertito una sorta di magia nell’aria che mi ammantava protettiva. Mi faceva sentire in diritto di fermarmi, tirare un bel respiro, osservare le cose con più calma, farmi pat-pat sulla spalla, invitare gli amici per una cioccolata calda e una gigantesca fetta di torta. Se potessi mi trasformerei volentieri nella talpa di Charlie Mackesy, mi aiuterebbe a cambiare umore. Andrei nei boschi con la volpe e il cavallo. Al sorgere di un problema mangerei una torta per poi sdraiarmi sotto un albero e schiacciare un pisolino. Se il problema non si risolve pazienza. Mi sono gustata una torta (le talpe notoriamente non fanno diete e sono felici ugualmente). Sognando, per ora, mi accontento della domenica.

Da qualche tempo con alcuni cari amici pranziamo insieme. Ci deliziano della loro presenza dei simpaticissimi gatti che magicamente compaiono quando si va tavola. Di solito c’è la zuppa Thai piccante al currry e un mix di ravioli al vapore. Segue il dolce: tanti assaggi di torte sfornate dal nostro caffè camorinense preferito. Domenica scorsa eravamo indecisi se dare il primo premio alla variante pere e cioccolato o alla cheesecake. Nel frattempo abbiamo pensato di proporci come comitato assaggiatore di torte. Se state pensando alla mia dieta sappiate che la domenica è il mio giorno libero (non vorrei vi faceste delle idee sbagliate!). Dunque, per fortuna, anche nell’incertezza alcune cose belle restano. Restano perché le coltiviamo, perché scegliamo di credere e impegnarci in un progetto, mettiamo il cuore in ciò che facciamo. E se possiamo vederla in questi termini vuol dire che siamo fortunati. C’è chi in questi mesi ha dovuto chiudere la sua attività o ha perso il lavoro. C’è chi un’attività ce l’ha ancora ma va in pari senza guadagni. Le materie prime scarseggiano e costano di più. Benzina e caffè ad esempio. In tutta Europa manca la carta. Sopravvissuti, in qualche modo, economicamente al lockdown dobbiamo mettere mano al portafoglio mentre si agita lo spettro dell’inflazione. Il mondo del lavoro è in subbuglio. Nel mio vedo colleghi con esperienza non più valorizzati messi in un angolo in attesa di andare. Potrebbero raccogliere i frutti di anni di semina e avere modo di lasciare in eredità ai più giovani il loro sapere e invece sono testimoni di nuove strategie editoriali in cui non si riconoscono. In Italia giorni fa i quotidiani nazionali titolavano «Natale normale per i vaccinati». Strano, a me pare che non vi sia nulla di più lontano oggi dell’idea di normalità. Se ci penso, mi sento come una foglia in preda al vento che soffia a forze alterne e da diverse direzioni.

Si apre la porta e smetto di pensare. Contrasto l’aria fredda che mi entra alle spalle con l’ultimo sorso di caffè caldo. Il Mima è tutto addobbato a festa. Dorella, che non vedo da tempo, mi saluta con un grande sorriso, si avvicina al mio tavolo e mi chiede «Come stai?».