La filosofia cinica antica era un modo di vivere: vivere senza avere una casa, dormendo per terra dove capitava. Diogene di Sinope aveva trovato una botte vecchia e si accucciava dentro, ma ogni altro posto andava bene. Il primo cinico è stato Antistene, IV secolo a.C., che possedeva solo un mantello, un bastone e una specie di zainetto; e la barba mai tagliata. Il principio filosofico era fare a meno di tutto il superfluo, e quasi tutto era superfluo, mangiava quel che gli buttavano, per questo lo chiamavano cane, infatti cinico viene da kynòs, in greco cane.
E fare a meno di tutto è una filosofia che è sempre rimasta, fino ai nostri giorni. Con qualche ammodernamento. Ad esempio invece della botte si preferisce il cartone, che si trova ovunque, lo si può prendere gratuitamente e se è il caso sostituire. La botte era pesante, rischiava di diventare un’abitazione stabile censita al catasto e gravata di tasse, mentre il cartone nessun ispettore lo considererebbe un immobile.
Molto filosofica è la presenza di cani, che si riallaccia alle antiche idealità del cinismo originario. Il cane oltre a essere un collega o un fratello, fa anche da termosifone, che nelle sere tempestose è prezioso, costituendo un radiatore autonomo. I cani hanno una temperatura tra i 38 e i 39 gradi, non si guastano, consumano poco, in ogni caso non idrocarburi, sono ecologici, e non hanno l’obbligo della revisione annuale come le caldaie a condensazione. Quindi i cinici d’oggi prediligono i cani di grossa taglia, che funzionano meglio di un impianto centralizzato.
I cinici oggi sono anche detti barboni perché come gli antichi spesso non si radono la barba, visto che cresce sempre di nuovo ed è una battaglia persa in partenza.
Spesso si annidano in luoghi invisibili, dove nessuno transita, nella nicchia laterale di una chiesa o di un ufficio statale, in qualche viuzza senza sbocco, dove sorge un loro abitacolo di cartone; lo zaino fa da cassettone o da dispensa, e un cartone più piccolo è il comodino o la testata del letto.
In genere la proprietà privata non li gradisce, non si apprezza la loro filosofia, anche se ha radici millenarie che si studiano a scuola assieme a Platone e Aristotele; infatti ci sono i dissuasori anti cinici, che sono chiodi sui gradini d’ingresso, simili ai dissuasori per i piccioni. Un barbone sul portone d’ingresso sarebbe un cattivo esempio per i minori, che potrebbero essere attratti ed avviarsi sulla stessa via filosofica. E ci sono dissuasori sulle panchine, e controlli nelle sale d’aspetto dei treni, che non diventino un congresso di filosofia, perché è una filosofia che ha sempre dato fastidio, l’imperatore Giuliano l’Apostata ha scritto un libello contro, ritenendoli degli ignoranti senza basi teoriche e degli impostori.
Per rifornirsi di cibo e di qualche moneta ogni tanto occupano luoghi più in vista, dove c’è passaggio di gente. Ed espongono allora cartelli approssimativi, non dichiarandosi cinici (che non farebbe nessuna impressione) ma ad esempio disoccupati, con cinque figli da mantenere, o mettendo avanti una cucciolata di cani, per la quale tutti si inteneriscono e sono pronti a dare, anche una ciotola di spezzatino o di polpette, che il barbone poi mangia assieme ai suoi cani. E questo è da considerare il combustibile per l’impianto di riscaldamento. Ma dai luoghi in vista sono presto sgombrati dalle autorità, che professano invece la filosofia del lavaggio stradale e della raccolta differenziata dei cartoni, del vetro e delle lattine.
Chi sono dunque costoro? Sono invidiabili o sono dei poveretti? Non si può generalizzare. A volte è gente che non ha alternativa se non la disperazione. Ma spesso è gente che vuole vivere così, che non ne può più dell’oppressione burocratica, dei telefonini, dei canoni TV, delle tasse sul passo carraio, sull’auto, sui metri quadri, e poi le bollette, sulla luce, sul gas, acqua, pattume ecc. ecc., quando ci si può scaldare col sole o con un cane, e c’è l’acqua delle fontane, e la TV fa schifo, come tutto il resto di questa ossessionante modernità.
Il cinismo è una dimensione eterna dello spirito. Alessandro Magno aveva chiesto a Diogene cosa desiderava, che gliel’avrebbe dato. E Diogene: «desidero che ti sposti un po’, perché mi copri il sole». È un esempio per le autorità d’oggi.