Nel 1999, il campionato di hockey su ghiaccio aveva proposto una finale tutta ticinese, quella conquistata dal Lugano sull’Ambrì-Piotta. Da allora i nostri Hockey Club hanno vissuto alti e bassi. Il Lugano ha rivinto il titolo, nel 2003 e nel 2006. L’Ambrì-Piotta non si è più avvicinato all’atto conclusivo. Con gli attuali chiari di luna è difficile, anche per il più entusiasta degli ottimisti, immaginare una finale bis tutta ticinese. Questa emozione, fatte le debite proporzioni in termini di impatto, ce l’hanno invece regalata il Malcantone e il Sayaluca, capaci di dar vita alla finale più vibrante della giovane storia del campionato di Inline Hockey. Hanno vinto i primi, andando a espugnare per due volte il Palamondo di Cadempino, il castello incantato dei secondi, gremito da quasi mille spettatori. Un’enormità per uno sport che è ancora di nicchia. Cifre da pallacanestro, per intenderci. Onore ai trionfatori, ma anche agli sconfitti.
Gli occhi profani che guardano con curiosità quasi infantile dal buco della serratura, non festeggiano con il Malcantone e non piangono con il Sayaluca. Si limitano ad analizzare un fenomeno sportivo che celebra la supremazia del movimento ticinese. Il Sayaluca, oltre a essere stato finalista in agosto del Campionato europeo per club, si è imposto nella Coppa Svizzera, svoltasi il 3 settembre 2022 a Zofingen. Ciò significa che, la prossima primavera, si ritroverà di nuovo ad affrontare il Malcantone nella finalissima della Supercoppa svizzera.
Per inciso, entrambe le società sono frutto di fusioni che le hanno irrobustite. Ciò nonostante, entrambe hanno dovuto proseguire la loro attività appoggiandosi sui presupposti con le quali erano nate, parecchi anni prima, grazie a un manipolo di ragazzini, che con bastone e pallina erano passati dai cortili e dalla strada, ai primi campetti predisposti per l’Inline Skater Hockey. Pensate che da lì è transitato anche una star dell’HCL e della NHL come Elvis Merzļikins. Dal canto suo, l’attuale portiere del Malcantone, Demian Burri, eroico protagonista della serie finale, si prende la sua personale rivincita sul mondo dell’hockey su ghiaccio che non ha saputo, o voluto dargli spazio.
Il magic moment non provocherà ripercussioni sul piano finanziario. Finora non c’è stata nessuna concessione al semi-professionismo. Nessuno percepisce un salario o un rimborso spese. Tutti lavorano o studiano. Tutti si sottopongono con entusiasmo alle tre sedute settimanali di allenamento e alla trasferta agonistica del weekend, spesso oltre San Gottardo.
È lecito chiedersi come le società possano affrontare un lungo e logorante campionato che mette in scena la sua prima fase tra febbraio e luglio, la seconda, dopo una breve pausa, tra agosto e novembre. La risposta si racchiude in una sola meravigliosa parola: passione. Non vorrei passare per moralista, ma credetemi, nello sport-business della nostra era, si tratta di un bene preziosissimo.
Il bilancio del Malcantone e del Sayaluca regge grazie al volontariato di tutti, in particolare di coloro che si mettono a disposizione per organizzare eventi, feste, cene, tombole, tornei, che consentono di incassare qualche prezioso franchetto. Le prospettive, senza questi contributi, sarebbero plumbee. Il Sayaluca si autoalimenta con un buon settore giovanile in grado di fornire ricambi in tempi brevi e medi. Dal canto suo, il Malcantone si sta riorganizzando dopo l’ultima fusione con il Novaggio. Su tutti i protagonisti del miracolo aleggia però una luminosa speranza. Quella che l’Inline Hockey possa diventare uno sport olimpico. Opzione tutt’altro che scontata, data la presenza nel programma a cinque cerchi di altre discipline analoghe di lunga tradizione, sia nei Giochi estivi, sia in quelli invernali.
Se l’operazione dovesse andare in porto, tutto il movimento subirebbe una sferzata di energia che, in biechi termini economici, significherebbe strizzare l’occhio agli sponsor e ricevere sostegni statali, in Svizzera da parte di Swiss Olympic. Ci sarebbe tuttavia un rischio. Quello di vedere una bellissima e poetica storia di amore e di passione, trasformarsi in una prosaica lotta per un posto al sole.