Siamo angosciati dalla frenesia di stare al passo coi tempi. Tutto congiura contro la lentezza e l’immobilità. Il tempo soffia alle nostre orecchie senza tregua: anche in ferie ci insegue l’ultima notizia sulla crisi di governo, la visita di Nancy Pelosi a Taiwan diventa un momento chiave per l’umanità, la guerra in Ucraina non accenna a finire, il vaiolo delle scimmie ci minaccia, il Covid non demorde. Comincio ad amare la «Settimana enigmistica» (6) più di ogni altro giornale, perché ignora, o quasi, l’attualità. Un’oasi di pace. Paolo Conte, in una delle canzoni più belle del secolo scorso, Sotto le stelle del jazz (6), parlava del «tempo fatto di attimi e settimane enigmistiche» come di un tempo fuori dal tempo.
Ci sarà una ragione per cui in spiaggia non vedo altro che «Settimane enigmistiche»: sono scomparsi i quotidiani, rimane qualche libro e qualche rotocalco, ma soprattutto trionfano le parole crociate a schema libero, le crittografate, le concentriche, gli indovinelli, le sciarade e i rebus. Abbiamo bisogno come il pane di tempi morti, di ore impermeabili all’ansia dell’attualità, tempi fermi e silenziosi in cui si possa rispondere con tranquillità a domande non evasive. Come nella fortunata rubrica «Vero o falso?». L’elefante asiatico ha le orecchie più grandi di quello africano. Falso. E poi: quali oggetti di cinque caselle ornano l’altare del pope? Ovvio, le icone. Chi è quell’imperatore che comincia per A, che ha dieci lettere e che succedette a Teodorico? Nessun dubbio: Atalarico. Domande con risposte inattaccabili, non opinioni su cui accapigliarsi.
«La Settimana enigmistica» si sottrae olimpicamente allo spirito del nostro tempo, cioè all’opinionismo e alla commentite trionfanti, è il regno incontestabile dei fatti: il fiume con due Dore? Non è il Tevere, non è il Danubio e neanche il Ticino, è il Po, c’è poco da discutere. 62 orizzontale, 17 caselle: «Fu ritratto da grandi artisti quali Michelangelo, Bosch e Rubens». La soluzione è una soltanto: Giornodelgiudizio. Ecco una valida ipotesi sul perché la «Settimana enigmistica» è ancora, dopo novant’anni (è nata nel 1932), una delle testate più vendute in edicola: non si regge sulle opinioni e sui commenti, ma sui dati di fatto incontestabili. E dio sa quanto abbiamo bisogno di tornare ai fatti sui quali è vietato discutere: i soli capaci di regalarci qualche baluginio di tranquillità, di equilibrio e stabilità. Per un attimo ci fanno sentire sicuri del passato e del presente, visto che nessuno, neanche il più brillante polemista, potrà mai mettere in dubbio che Kafka ha un nome di battesimo di cinque lettere (Franz) e che le consonanti di Esiodo sono due (s e d). Il copricapo del pontefice? Nel mondo solido dei cruciverba non esistono alternative alla tiara (se è di cinque lettere) o al camauro (se è di sette lettere). Nel mondo liquido di tutti i giorni, un opinionista qualunque può sostenere in un qualunque talk show televisivo di aver visto papa Francesco indossare il Borsalino o la coppola siciliana. Tutto è opinione su cui imbastire avvincenti dibattiti, tranne nel mondo inconfutabile della «Settimana enigmistica», dove il dibattito non ha diritto di cittadinanza.
La «Settimana enigmistica» è l’ultimo baluardo della cultura moderna, del bel tempo tutto cose e risposte tassative. L’ideale per le ferie, qualche sorriso senza pretese con le barzellette, soprattutto il silenzio e la concentrazione dopo un anno chiassoso di talk show dove il Covid era un punto di vista, c’era e non c’era a seconda di chi urlava di più; dove l’invasione dell’Ucraina era per alcuni la terza guerra mondiale per altri solo un effetto televisivo; dove Putin poteva essere il male assoluto e il benefattore dell’umanità nel giro di due minuti. Le parole crociate incarnano invece la combinazione perfetta che abbiamo perduto, sono l’incrocio previsto, l’appuntamento finalmente rispettato, il calcolo che torna sempre, i puntini che unendosi formano una figura riconoscibile. Il rebus è l’enigma che si risolve, non un parere su una questione eternamente opinabile. Perché l’enigmistica non è l’enigma senza soluzione, è l’enigma giocoso che persino la nostra (modesta) cultura generale può risolvere con precisione millimetrica. E se arriverete a certi problemini proposti dalla mitica rubrica «Se non lo trovate… ve lo dico io», vi stupirete nel constatare che persino la matematica non è un’opinione.