Chi ama sfogliare «Azione» appena lo riceve, in queste ore sarà probabilmente alle prese con il vortice delle cifre, delle percentuali e dei commenti scaturiti dalle elezioni cantonali del fine settimana. Per qualche giorno il vortice muoverà ancora la girandola dei candidati, assegnerà le etichette per poltrone e strapuntini, per poi concludere il suo ciclo. Tra qualche settimana, rientrato negli argini il fiume della retorica politica, finiremo per convincerci che, in fondo, la realtà cantonticinese purtroppo è ancora tale e quale. Non avendo proprietà divinatorie (già ho corso rischi nell’ultima rubrica, seguendo l’ipotetico «statu quo» dei sondaggisti) non posso ovviamente conoscere e commentare i risultati. Mi preme però restare in tema e posso farlo grazie a una notizia giunta da Berna mentre eravamo in piena campagna elettorale: il Consiglio federale ha annunciato che, a seguito di riscontri negativi sulla sua affidabilità, il sistema di voto elettronico che la Posta sta cercando di mettere a punto viene posto in quarantena. Esso ha infatti presentato difetti tali da consigliare il rinvio dei test previsti in quattro cantoni per ulteriormente provare il sistema in occasione delle prossime votazioni federali del 19 maggio. Altri sei cantoni che utilizzano un sistema di e-voting gestito dal Canton Ginevra, potranno invece proseguire i loro test.
È dal 2000 che il Consiglio federale sta progettando di introdurre il voto elettronico. L’avvento e i successi delle tecnologie digitali avevano lasciato credere che anche la democrazia potesse in qualche modo beneficiare degli effetti pratici dell’elettronica e contribuire a interrompere la disaffezione alla cosa pubblica delle nuove generazioni, in particolare dei «millennials» cresciuti a pane e smartphone. I siti delle amministrazioni della Confederazione e dei Cantoni hanno seguito la fase di sperimentazione e sinora tutto lasciava credere che il programma funzionasse senza intoppi. La prova più evidente l’aveva data il Consiglio federale con l’avvio della procedura di consultazione di un avanprogetto destinato a chiedere al parlamento di accettare il voto elettronico come terza modalità di voto. Il testo in consultazione (scadrà il 30 aprile) ribadisce le principali misure indispensabili per creare un’ampia base legale: una verificabilità completa, la trasparenza dei sistemi di voto e dei processi operativi (in particolare del codice sorgente), nonché la certificazione e l’obbligo di controllo dei sistemi di voto da parte dei Cantoni. Come spiega il sito dell’amministrazione federale (segnalandola a parte) la completa verificabilità è «requisito centrale delle procedure di voto elettronico. Verificabilità completa significa che dal momento del voto fino alla determinazione dei risultati possono essere individuati grazie a mezzi indipendenti i malfunzionamenti sistematici dovuti a errori di software, errori umani o tentativi di manipolazione. Le prove crittografiche garantiscono che tutti i voti rimangano verificabili senza tuttavia violare il segreto del voto».
Come già detto attualmente il voto elettronico viene sperimentato in dieci cantoni. Cinque effettuano le prove coinvolgendo soltanto aventi diritto di voto residenti all’estero, mentre nei rimanenti possono scegliere di votare elettronicamente tutti gli elettori. Le prove vengono effettuate e seguite sulla base di due sistemi: uno elaborato dal Canton Ginevra e l’altro dalla Posta. L’ente parastatale ha infatti ricevuto dall’amministrazione federale il mandato di approntare un sistema (lo ha fatto con la collaborazione di Scytl, ditta specializzata spagnola) sottoposto lo scorso mese a un severo test pubblico d’intrusione, cioè a un vero assalto perpetrato da oltre 3000 hacker (motivati da un cospicuo premio per chi scopriva falle). Purtroppo il «modello svizzero» per il voto elettronico non ha retto l’urto: i «pirati» hanno trovato alcune falle, tra cui una proprio nel suo codice sorgente. Come ha confermato all’ats/Keystone René Lenzin, vicedirettore della comunicazione alla Cancelleria federale, a non funzionare è «il cuore del sistema» che deve garantire all’elettore di poter controllare che il suo voto sia stato registrato correttamente.
Quarantena per l’e-voting della Posta, esperti al lavoro per valutare i danni e progettare contromisure. Nessun dramma: anche in altri paesi il voto elettronico incontra problemi, tanto che alcuni governi hanno sospeso i progetti che stavano conducendo e addirittura hanno già deciso di lasciar perdere l’elettronica (forse perché convocano i cittadini alle urne solo ogni 4 anni). Avremo ripensamenti anche da noi? A fomentare perplessità c’è anche il successo del voto per corrispondenza, sistema sempre più gradito che consente al cittadino di votare in tranquillità e in un contesto privato. Sta di fatto che dopo 20 anni di sogni, studi, prove e spese, quello che sembrava un passo inevitabile e spedito, incontra problemi e dubbi. Chi pensava a un «e-voting made in Switzerland» in grado di digitalizzare l’unicità del nostro sistema elettorale, per ora ha una sola certezza: soppiantare carta e matita anche per la Posta non è come spedire una lettera alla posta...