E se Angela si ricandidasse?

/ 02.11.2020
di Paola Peduzzi

Ancora una volta la scelta del successore di Angela Merkel è stata rinviata. Il congresso della Cdu, il partito cristianodemocratico tedesco della cancelliera, avrebbe dovuto tenersi a dicembre, ma a causa della pandemia è stato rimandato, proprio come era accaduto ad aprile. La Germania è entrata nella seconda ondata con numeri molto preoccupanti, i contagi sono aumentati con una progressione che la stessa Merkel definisce «drammatica» e i governatori regionali assieme al governo centrale hanno deciso di introdurre quattro settimane di lockdown nazionale – tutto chiuso tranne le scuole, e sono state stanziate risorse per 10 miliardi di euro per garantire alle aziende con meno di 50 dipendenti il 75 per cento dei loro ricavi. Le «regole di sicurezza e igiene» messe in atto dalla Merkel finora con i suoi appelli alla responsabilità personale e collettiva non sono state sufficienti, così è stato deciso, con la collaborazione anche dei governatori inizialmente riluttanti perché alle prese con un contagio più contenuto, di fare come in primavera, con l’eccezione delle scuole.

La pandemia ha fatto risaltare la leadership della cancelliera tedesca: molti commentatori internazionali, soprattutto americani e britannici, sospirano guardando la Germania e l’approccio scientifico, pratico, empatico della Merkel: perché non ce l’abbiamo anche noi un leader così? Assieme alla ritrovata popolarità è iniziato a circolare anche un rumor: forse la cancelliera si ricandida per un quinto mandato, alle elezioni dell’autunno del 2021. C’è chi è proprio convinto che questo sia il piano, o che almeno molti stiano lavorando in questa direzione: è Friedrich Merz, candidato alla successione della Merkel dal profilo più ostile alla cancelliera. Merz è furibondo per il secondo rinvio del congresso, dice che così questo processo di successione diventa infinito, sono due anni almeno che si parla di questo e invece ci si troverà a ridosso della campagna elettorale del prossimo anno con ancora tutto da fare: già sostituire la cancelliera non è facile, se poi non c’è il tempo per farsi conoscere, per costruire un’offerta politica convincente, diventa impossibile.

Merz è a caccia di questo sogno da anni. Al congresso in cui fu designata come delfina della Merkel Annagret Kramp-Karrenbauer, oggi ministro della Difesa, Merz arrivò secondo, e i presenti all’incontro ancora parlano della sua faccia livida. A febbraio la Kramp-Karrenbauer si è dimessa dall’incarico come leader della Cdu dopo il fattaccio della Turingia: nella nomina del governatore della regione, i cristianodemocratici si ritrovarono di fatto alleati con l’AfD (che in Turingia ha espresso la sua versione più estrema), cosa che la Merkel ha considerato inaccettabile. In poche ore, la linea di successione si è spezzata e il processo è ricominciato da capo.

Merz non è l’unico candidato, anzi forse non è nemmeno il più forte. Armin Laschet, governatore della Renania Settentrionale-Vestfalia, il Land più popoloso, è molto quotato, anche perché lavora in tandem con il ministro della Salute, Jens Spahn, che non è mai stato merkeliano, che ha sempre voluto dare voce all’ala più conservatrice della Cdu, che è considerato ambiziosissimo ma che sta godendo di molta popolarità e rispetto ora che è ministro della Salute durante la pandemia. Ci sono altri due candidati, uno diretto e uno indiretto: Norbert Röttgen,il più merkeliano di tutti, e Markus Söder, governatore della Baviera che conta sugli avvicendamenti all’interno dell’Unione, l’alleanza tra cristianodemocratici e cristianosociali bavaresi, che si presenta unita alle elezioni. Söder non corre per la leadership della Cdu ovviamente, ma sa che, per le regole non scritte dell’Unione, la guida oggi toccherebbe a un bavarese (e lui è anche molto popolare).

E se tutte queste ambizioni e furie fossero inutili? Se la Merkel si ricandidasse? In fondo la cancelliera aveva detto anche nel 2017 che non si sarebbe candidata per il quarto mandato, e poi lo aveva fatto: erano tempi di emergenza, tra Brexit e l’elezione di Donald Trump. Oggi l’emergenza semmai è ancora più grande. E il processo di successione è molto complicato. Poi certo, l’espressione «ventennio merkeliano» suona già male oggi, e sono in tanti a pensare che la Merkel si stia costruendo la propria eredità politica con la gestione della pandemia: non ambirà a un altro mandato. Ma intanto, se anche non dovesse ricandidarsi la cancelliera potrebbe restare fino alla primavera del 2022. Con buona pace di chi scrive e ripete da anni che la stagione merkeliana è finita, ancora un anno e mezzo almeno di Merkel è una buona notizia.