Con un amico rievochiamo la leggenda che accompagna i celebri fratelli Ambrosio. Cognome fittizio, adottato per rispettare la patologica brama di riservatezza di uno dei due. Gemelli monozigoti, cresciuti uguali in tutto e per tutto. Aldo e Alfredo li ha voluti chiamare la loro previdente mamma, affinché avessero l’identico monogramma da ricamare sul loro corredo. Altre urgenze premevano. In primis il pianoforte, o meglio i pianoforti, per soddisfare una passione divorante per la tastiera, manifestatasi prestissimo. Forse propiziata dal fatto di aver dato ai figli il nome di due celebri pianisti (Alfred Brendel e Aldo Ciccolini).
Uno strumento per due sarebbe stato più che sufficiente, viste le dimensioni dell’appartamento. Fu una battaglia persa; mentre Alfredo era portato a suonare qualsiasi musica purché uscisse dal gesto di percuotere tasti bianchi e neri, per Aldo era impensabile posare le dita su uno strumento toccato da un altro, fosse pure suo fratello gemello. A meno che ogni volta si facesse venire in casa un accordatore. Cominciava quell’ossessione per la purezza del suono che gli avrebbe estenuato l’anima e stremato le forze.
Con il senno di poi i genitori e la sua prima maestra di piano si sono interrogati se fosse stato giusto assecondarlo o non viceversa contrastarlo anche con il rischio di soffocare sul nascere una grande promessa. I ripetuti trionfi, il delirio delle folle osannanti, i trenta e più minuti di applausi seguiti a ogni rara esibizione, non ripagheranno mai a sufficienza il tormento degli anni di formazione, quando in casa non si poteva produrre il minimo rumore, non camminare, non respirare, non sfogliare le pagine di un libro durante le interminabili ore in cui Aldo si esercitava, sempre scontento del risultato ottenuto.
Alfredo invece non solo suona in qualsiasi condizione e su qualsiasi pianoforte che gli capita a tiro, ma si direbbe che vada ricercando di proposito i modi per degradare e contaminare il suono, quasi voglia rimarcare tutto ciò che lo differenzia dal fratello. «Studiare» è un verbo sconosciuto nel lessico di Alfredo, per lui l’esecuzione risulta più genuina alla sua prima lettura dello spartito insieme al pubblico. Sua madre nei primi tempi trascorreva ore a ripulire il pianoforte dopo ogni esecuzione di Alfredo, per togliere la cenere dei sigari, i cerchi dei bicchieri, i frammenti di pizza, le pelli di salame, le bucce di banana, una volta persino le mutandine di una devota fan.
Allergico alle teorie e ai rituali che pretendono di fare della musica una religione e degli interpreti i sacerdoti consacrati al suo culto, reagisce con gesti di pura provocazione, come quella volta che raccattò una prostituta che batteva nel parco di fronte al Conservatorio e la fece sedere accanto a sé sullo sgabello durante il concerto, chiedendole di voltare di tanto in tanto le pagine di uno spartito immaginario. O quando, non riuscendo a regolare l’altezza dello sgabello, lo scagliò dietro le quinte e suonò la ballata numero 3 di Chopin inginocchiato.
I cronisti propendono tutti per Alfredo, disposti a perdonargli ogni eccesso, scrivono che nelle sue esecuzioni soffia lo spirito vitale, che l’ascoltatore condivide il germinare dell’idea musicale allo stato nascente, sostengono che sotto le sue mani spartiti imbalsamati da troppe esecuzioni canoniche tornano a nuova vita. La verità è che la purezza e la tendenza all’esecuzione assoluta, tipiche di Aldo, intimidiscono quando non fanno paura. E poi, come si fa a raccontare la perfezione?
Il pubblico invece è nettamente diviso in due fazioni, i partigiani di Aldo non possono soffrire quelli di Alfredo e viceversa. Le discussioni feroci fra i componenti dei due clan alimentano il mito dei fratelli Ambrosio e più di un osservatore è arrivato a sospettare che la rivalità tra i fratelli sia frutto di un’abile campagna di marketing. Io che ho la fortuna di conoscere e di frequentare entrambi, per la verità più Alfredo che l’inarrivabile Aldo, posso garantire che non è così: solo con la somma dei pregi e dei difetti dei due fratelli si otterrebbe un pianismo perfetto, così restano due metà incomplete.
L’amico vuole sapere della voce che ha preso a circolare: sarebbe imminente l’annuncio che suoneranno insieme. Gli ho assicurato che noi amici di entrambi i fratelli faremo di tutto affinché il sogno si realizzi. Pezzo forte sarà la celebre Sonata in Re Maggiore per due pianoforti Kv 448 di W.A. Mozart. Per convincerli faremo leva sul desiderio della mamma di vederli insieme sul palco almeno una volta prima di morire.