Non succede spesso di incontrare voci critiche, fuori dal coro, quando si parla di nuove tecnologie. Effettivamente nel mondo che ci circonda è più facile trovarsi immersi nella corrente degli entusiasmi (per i nuovi ritrovati della tecnica, per gli sviluppi possibili, per le opportunità di miglioramento e ottimizzazione dei processi), che nel flusso delle perplessità. Gli attori del mondo economico, in particolare, sembrano perfettamente convinti della bontà della «via digitale» intrapresa. Noi, come normali utenti, è un po’ come se ci fossimo rassegnati, presi per sfinimento nella corsa in avanti delle procedure informatiche. (A proposito: avete capito che da settembre non ci saranno più bollettini di pagamento alla Posta, ma si dovranno usare obbligatoriamente dei QR code? Sapete già come si farà?).
Per questo, quando ci capita tra le mani qualche seria pubblicazione che si impegna nella critica della società digitale, confortando un po’ le nostre ritrosie e resistenze, ci sentiamo in parte riconciliati con il buonsenso. Un certo sollievo ce l’aveva dato tempo fa il bel libro di Christian Rocca Chiudete Internet. Una modesta proposta (si veda «Azione 22» del 27.05.2019). Un recentissimo lavoro altrettanto interessante è L’ultima ideologia di Gabriele Balbi, uscito di recente da Laterza. Mentre chi scrive lo stava leggendo (naturalmente sull’iPad…) è apparsa in alto sullo schermo una notifica, cioè una di quelle notizie flash che inviano oggi i quotidiani online. Nel messaggio si diceva: «I militari ucraini stanno fotografando i volti dei soldati russi uccisi in combattimento e grazie alla tecnica di riconoscimento facciale inviano ai poveri parenti ignari la notifica del decesso: è una misura di guerra informatica che vuole mostrare ai russi quanto il loro governo stia manipolando l’informazione legata alla guerra in Ucraina».
La perentorietà e sconvolgente drammaticità della notizia si sovrappone all’articolata e argomentata disquisizione di Balbi, che è professore associato della facoltà di Scienze della comunicazione dell’USI. Il ricercatore con il suo studio vuole richiamare la nostra attenzione sulla forte componente ideologica (e manipolatoria) che sottostà al concetto ormai universalmente accettato di «rivoluzione digitale». D’altro canto, la notizia che arriva dallo scenario di guerra ci mostra come le tecnologie digitali siano ormai penetrate nella nostra realtà e rende chiaro, con una crudezza inusitata, quanto la trasformazione avviata sia impossibile da fermare. Possiamo discuterne, magari capire cosa è successo, ma niente più di così.
La lettura del libro quindi, un volumetto che vuole aiutarci a esercitare un po’ di spirito critico, risulta a questo punto leggermente anacronistica. La consigliamo chiaramente a tutti coloro che volessero avere argomenti a disposizione per una riflessione approfondita sul tema. Di fatto ci sembra che libri come questo e come quello di Rocca non abbiano grande possibilità di incidere sulla realtà. Sono lavori meritevoli di attenzione, senza dubbio, perché ci aiutano a guardare con occhi più consapevoli a quella che è stata definita «una rivoluzione»: Balbi ci spiega che, come tutte le rivoluzioni, quella digitale porta con sé i suoi punti oscuri e le sue contraddizioni violente. Detto questo, a noi lettori del libro resta però da affrontare la realtà quotidiana: la tecnologia è ormai veramente la nostra vita, in qualsiasi modo essa venga considerata, e l’uomo non potrà fare altro che continuare a svilupparla perché questa pare la sua capacità più spiccata, dall’atto della creazione della ruota in poi.
Resta senz’altro vero che occorre in noi utenti una sempre maggiore coscienza degli effetti che il nostro comportamento produce sull’ambiente che ci circonda. Da qui bisogna, secondo noi, ripartire: sarebbe bello scoprire libri che ci aiutino a fare un vero bilancio «ecologico», e, perché no, magari anche «psicologico», dello spazio da dare alle tecnologie nella nostra giornata. Indicazioni semplici, concrete, fatte di un buonsenso (ecco di nuovo la parola chiave) utile per noi e per il nostro mondo. È un lavoro tutto da avviare. Qualcuno ha qualche buon suggerimento?