Tra settembre di quest’anno e aprile del prossimo, tedeschi e francesi sceglieranno i loro futuri leader, i paesi cardine della vecchia e nuova Europa affrontano dunque quasi simultaneamente delle elezioni in cui lo scontro fra continuità a cambiamento sarà il mantra di fondo della campagna. Della Francia abbiamo scritto il 29 marzo, lì si ripropone il duello fra il presidente Macron e la leader della destra nazionalista Marine Le Pen (che ammicca un po’ di più al centro) e l’esito oggi non può dirsi scontato. Della Germania si comincia a parlarne, ora che i candidati alla cancelleria dei tre maggiori partiti sono stati definiti. E qui si constata che la partenza di Angela Merkel, cancelliera per quasi 16 anni, lascia un vuoto che risulta ancora indecifrabile come l’elettorato intenda colmarlo.
C’è un dato di fatto. I due partiti storici Cdu e Spd, democristiani e socialdemocratici, sembrano avviati verso il declino. La Cdu veleggia sotto il 30 per cento, secondo tutti i sondaggi, la Spd sotto il 20. La somma dei due non supera il 50 per cento, per cui una nuova grosse Koalition risulta improbabile. Ma soprattutto, la crisi nei due partiti è di identità. Dopo 16 anni di politica merkeliana, in cui la Cdu si è spostata a sinistra e la Spd a destra, il profilo dei due partiti risulta troppo diffuso per cementare un consenso. Non aiutano le lotte intestine come quella fra Cdu e Csu, la consorella bavarese, il cui leader Markus Söder solo a malincuore ha ceduto il passo al candidato per la cancelleria della Cdu Armin Laschet, dopo un aspro confronto pubblico. Il capo della Csu sembra più amato dalla base Cdu-Csu, ma la dirigenza Cdu non si fida di uno che cambia radicalmente posizione quando opportunità lo impone. Il bavarese Söder rappresenta l’imprevedibile, Laschet la continuità con l’era Merkel. Ora, la questione che politici e politologi si pongono è proprio questa: che cosa vogliono i tedeschi dopo 16 anni di Merkel, un anno e mezzo di pandemia (in rigido stile germanico), davanti a un futuro che si annuncia ricco di trasformazioni epocali? Continuità o cambiamento? In sostanza: Armin Laschet o Annalena Baerbock?
Annalena Baerbock è la prima candidata dei Verdi alla carica di cancelliera. Come l’altro co-presidente Robert Habeck (superato nella corsa alla nomina di candidato), appartiene all’ala dei Realos, i pragmatici, che nel corso degli anni hanno preso il sopravvento sui Fundis, i fondamentalisti, molto più a sinistra; lo si era già visto con Joschka Fischer nella coalizione con la Spd di Gehrard Schröder. I Verdi in Germania oggi sono un partito di centro che promette il cambiamento. Non sono contro l’economia, ma per un’economia e una società più verde e digitalizzata; e in politica estera molto più filo-americani e assertivi: contro il gasdotto Nord Stream 2 che permetterebbe alla Russia di aggirare l’Ucraina e la Polonia per le sue forniture all’Europa e alla Germania in particolare, contro un accordo commerciale dell’Ue con la Cina, impegnati più decisamente nella Nato (e questo per un partito con radici pacifiste dice tanto).
I Verdi sono una forza di governo in 11 dei 16 Länder, per cui l’approdo al centro per la scalata al potere è un processo avviato da tempo. Tuttavia, Annalena Baerbock non ha esperienza di governo, a differenza di Armin Laschet che governa la Renania Settentrionale-Vestfalia. I Verdi puntano a superare la Cdu-Csu (sono qualche punto sotto, ma ben al di sopra del 20 per cento, 4 anni fa alle elezioni per il Bundestag raggiunsero l’8,9 per cento). Ma anche se non dovessero diventare il primo partito, tutti in Germania sanno che senza di loro il prossimo governo non si fa.
Dopo Merkel, continuità o cambiamento?
/ 03.05.2021
di Peter Schiesser
di Peter Schiesser