Donne di strada?

/ 22.11.2021
di Claudio Visentin

All’inizio di quest’anno la versione online del prestigioso dizionario Treccani è stata criticata perché tra i sinonimi di «donna» includeva termini apertamente offensivi come «cagna» o «serva». Del resto un semplice confronto tra equivalenti maschili e femminili rivela quanto il nostro linguaggio sia ancora intriso di misoginia: pensate soltanto alla differenza tra «buon uomo» e «buona donna», «ometto» e «donnetta», «uomo di mondo» e «donna di mondo» (anche nelle varianti «mondano» e «mondana»).

L’osservazione è giusta e diversi dizionari (da Oxford a Zanichelli) l’hanno accolta, per esempio spostando quei termini a sinonimo di «prostituta». Bene ha fatto peraltro anche la Treccani a ricordare che il vocabolario non ha una funzione pedagogica quanto piuttosto notarile; registra i cambiamenti della realtà una volta che questi sono avvenuti, ma non li promuove. Anche perché continue richieste in tal senso provengono da gruppi poco rappresentativi della società nel suo insieme ma molto efficaci sul piano della pressione politica e della comunicazione.

Curiosamente alcuni dei termini incriminati hanno a che fare col viaggio e col cammino. Ancora sino a qualche decennio fa gli spazi pubblici – compresa la strada – erano riservati quasi per intero ai maschi e la presenza di una donna era stigmatizzata con termini come «passeggiatrice» (naturalmente «passeggiatore» non ha lo stesso significato), «donna perduta» o appunto «donna di strada».

Da qualche tempo però, soprattutto dopo il lockdown, le «donne di strada» sembrano moltiplicarsi lungo i sentieri dei più importanti cammini. Non ci sono ancora dati sicuri ma tutti gli indicatori vanno nella stessa direzione. Basta sfogliare le foto di gruppo di qualche organizzatore di viaggi a piedi, come la Compagnia dei cammini, per contare sei donne ogni quattro uomini.

Anche sul cammino di Oropa, dove hanno tentato qualche primo calcolo più sistematico, il 60 per cento dei camminatori sono donne. Le stesse indicazioni emergono dal libro degli ospiti di un qualunque ostello lungo la via di Santiago o la via Francigena. Alcuni percorsi poi hanno preso una decisa coloritura al femminile, come la via degli dei, tra Firenze e Bologna lungo l’Appennino, sempre più spesso ribattezzata via delle dee da quando viene percorsa da gruppi di sole donne. E la rete nazionale Donne in cammino (fondata solo nel marzo 2019) ha già superato sessantamila iscrizioni nel suo gruppo Facebook «Ragazze in gamba».

Tutte queste camminatrici hanno diverse età, diverse nazionalità. Spesso viaggiano da sole, con qualche cautela ma senza farsi spaventare troppo da pericoli reali e immaginari; dopo tutto, un bosco può essere sorprendentemente sicuro rispetto a una giungla urbana. Sui cammini poi nascono facilmente amicizie di un’ora o di un giorno e si può dunque scegliere tra compagnia e solitudine.

Rispetto agli uomini, nelle donne in cammino il desiderio di nuove esperienze sembra prevalere sul risultato e sulla competizione. Per il resto le motivazioni sono diverse: c’è chi scava nella propria fede lungo le vie dei santi, chi vuole soltanto recuperare la forma fisica, chi matura importanti decisioni personali o familiari eccetera. A tutte il cammino compiuto regala consapevolezza, autostima e una maggiore fiducia in sé stessi e nei propri mezzi. È un cambiamento rapido e sorprendente. Sino a pochi anni fa, per millenaria tradizione, i viaggi più avventurosi erano riservati agli uomini (bianchi e occidentali, aggiungerebbe qualcuno), con poche seppur notevoli eccezioni femminili. Maschi erano quasi tutti i principali scrittori di viaggio per esempio. Poi le donne hanno cominciato a viaggiare (sempre più, sempre più lontano) e da qualche tempo anche a raccontare i loro viaggi.

Solo i lunghi e faticosi viaggi a piedi erano rimasti in larga misura una riserva maschile. Poi anche in questo campo gli stereotipi sono stati messi in discussione, le barriere di genere aggirate o ignorate. Nessuna richiesta di incentivi o quote rosa, nessun desiderio di distinguersi dai compagni di viaggio, nessuna richiesta di attenzioni particolari, niente polemiche sul patriarcato, distinzioni, raffinate analisi: è bastato mettersi lo zaino in spalla e partire.