Seduti nei banchi dell’unica navata, i fedeli, speranzosi, fremono di curiosità. Da due anni la parrocchia è vacante, la messa celebrata solo il sabato sera. Fino a vent’anni prima, in paese c’erano quattro chiese, sempre aperte. Ora una sola, part-time, come la guardia medica. Abitanti del resto un migliaio scarso, cattolici tutti, ma praticanti solo le anziane e le loro badanti bulgare, fra l’altro ortodosse. Ma finalmente il vicario introduce il nuovo prete. Abiterà nella canonica, verrà a cercarvi casa per casa, animato da spirito missionario. Il suo nome è una promessa: Dieumerci. È francese? si ringalluzzisce la vedova che fa le pulizie in chiesa. In un certo senso, asserisce il prelato.
Dieumerci è un colosso da cento chili, voce tonitruante, occhi d’inchiostro. Un tornado di energia: la prima omelia la recita come un attore a teatro. Chiede subito se qualcuno sa cantare e suonare: una chiesa non è un mortorio, è la casa della gioia. Ma ha due difetti. Ha trent’anni – pochi per un maschio votato al celibato. Ed è più nero della cappa del camino. Viene, infatti, dalla Repubblica democratica del Congo. Anche se l’ha lasciata a diciotto anni, per studiare teologia in Italia. E pure se sogna di rivedere la sua famiglia, non glielo hanno mai concesso. La sua fede però è granitica, il suo entusiasmo travolgente. In breve tempo, la chiesa risuona di cori, chitarre e percussioni. I suoi funerali emozionano come concerti gospel. Nessuno dei morti è mai stato pianto con tanta passione. Dopo il primo matrimonio, fastoso e festoso, si forma una timida lista d’attesa. Ai giovani piacciono le messe del prete nero accompagnate dalla rumba congolese, credere in Dio diventa quasi una cosa moderna. Poiché i funerali, i matrimoni, i battesimi e le messe in memoria hanno un valore monetario, la soddisfazione della diocesi è massima.
Dieumerci non ha mai visto la neve, patisce il freddo e la solitudine. Non capisce il dialetto locale e non riesce a impararlo. Le poche ragazze sono tutte fidanzate, il resto donne attempate, sole per disgrazia e quasi mai per scelta, o consorti di contadini bisbetici e gelosi. Senza contare i cinquanta ospiti della casa di riposo, cui va a dir messa alle 7 del mattino, nel gelo atroce dei monti della Laga. Afflitto, Dieumerci implora al vescovo il trasferimento. Perché? Ha ricevuto insulti, offese? Pregiudizi? I montanari sono gente chiusa, conservatrice. Non è questo, spiega Dieumerci. Alle battutine razziste è abituato. Ma i bianchi sono sostanzialmente tristi. E qui intorno sono tutti bianchi. Il nero più vicino, il benzinaio della statale, abita a trenta chilometri, e fra l’altro è somalo e musulmano. Muore di nostalgia. Ha bisogno di fratelli, sorelle. Siamo tutti fratelli e sorelle in Cristo, gli risponde monsignore, serafico. Dieumerci deve portare la sua croce.
Beve: ogni giorno, la domestica getta bottiglie nel contenitore del vetro. Ma è un vizio veniale fra i religiosi. Il defunto don Michele, che Dio lo perdoni, è morto di cirrosi. Il sabato Dieumerci va in un locale di sudamericani, alla periferia del capoluogo: è un ballerino provetto. Ma nessuno dei parrocchiani si lamenta per questo. Nessuno lo biasima perfino quando, dopo il terremoto che rade al suolo mezzo paese e abbatte il campanile della chiesa lui, terrorizzato, non partecipa ai soccorsi e si fa portare al sicuro dalla protezione civile. Lo perdonano quando non partecipa alla consacrazione del container-chiesa, lo aspettano ansiosi nel villaggio prefabbricato. Ma Dieumerci non torna. Così si spargono strane voci. I superiori hanno punito per invidia il prete africano che aveva riempito la chiesa come un centro commerciale… È scappato con la proprietaria dell’agriturismo, che nemmeno lei si è vista più…
La verità la dice lui stesso, due anni dopo. È stato in reparto psichiatrico e poi in ritiro. Assente, inebetito. Un crollo psichico. Si era spezzato dentro. Ma poi il Signore è tornato a cercarmi: le pecorelle attendono il pastore, e Dieumerci sono tornato.
Per gratitudine, i parrocchiani procurano il visto, pagano il biglietto aereo alla sorella e alla nipote di sedici anni, e vanno a prenderle all’aeroporto. Loro sapranno guarire la sua nostalgia, perché Dieumerci deve essere felice.