Dieci anni senza segreto bancario

/ 16.12.2019
di Angelo Rossi

Roland Rossier, giornalista ginevrino, specializzato in inchieste sugli scandali bancari, ha raccolto il frutto delle sue indagini in un volume, uscito di recente presso Alphil, dal titolo un po’ roboante: La Svizzera e il denaro sporco – 60 anni di scandali bancari. A chi segue regolarmente le cronache economiche dei nostri media il volume di Rossier non porterà molto di nuovo. Potrà però servirgli per rinfrescare la memoria, perché è vero che, nel nostro paese, niente viene dimenticato più in fretta di uno scandalo bancario. Rossier ci ripresenta quelli che si sono prodotti tra il 1950 e il 2018. 

I casi di evasione fiscale, riciclaggio e le bancarotte sono suddivisi in quattro parti che, di fatto corrispondono non solo a quattro periodi diversi ma anche a quattro diverse situazioni nel rapporto tra lo sviluppo degli affari delle banche elvetiche e il segreto bancario. Dapprima il quarto di secolo tra il 1950 e il 1975 quando, stando all’autore, la mafia americana scoprì le seduzioni del segreto bancario svizzero. Vengono poi, nella seconda parte, dal 1975 al 1990, quelli che l’autore chiama «gli anni dell’impunità». È il periodo dell’IOS di Bernie Cornfeld, ma anche quello dei Sindona, dei Gelli, degli Ortolani e dei Calvi, per non parlare della Pizza Connection che – come tutti ricordano – costò il posto alla consigliera federale Kopp. La terza parte, intitolata «Dall’arsenale penale all’agonia del segreto bancario», illustra l’evoluzione nel ventennio dal 1990 al 2009, con scandali notissimi legati al traffico della droga e scandali meno noti, almeno fuori Ginevra, determinati dal crollo di costruzioni finanziarie a forte rischio o addirittura con finalità delittuose. Infine la quarta parte ci racconta quanto è successo dopo il 2009, cioè dopo che l’abolizione del segreto bancario, stando all’autore, non ha di fatto eliminato le possibilità di frode: il denaro, afferma Rossier, è semplicemente passato dal nero al grigio. Quindi, di fatto, l’abolizione del segreto bancario non ha fermato la criminalità. L’ha comunque ridotta di molto perché il comportamento delle banche, rispetto alla clientela straniera, è cambiato in modo sostanziale. Questa tesi è confermata dal rapporto annuale del Money Laundering Reporting Office. Nel 2017 dal settore finanziario sono venute 4700 segnalazioni (nel 2018 sono più di 6100). Un migliaio di esse concernevano cittadini svizzeri. Un altro migliaio cittadini russi e ucraini. Venivano poi 500 casi di cittadini americani e 400 di cittadini del Medio Oriente. Gli italiani, invece, erano solamente 370. Il 41% delle denunce concerneva la piazza di Zurigo, il 30% quella di Ginevra e l’11% la piazza bancaria ticinese.

Secondo Rossier si può affermare che l’obiettivo del denaro pulito sia stato raggiunto, nel senso che gli istituti bancari denunciano le situazioni in cui potrebbe essere coinvolto del denaro sporco. È però possibile che il perseguimento di questo obiettivo abbia fatto diminuire l’attrattiva delle banche svizzere per la clientela straniera. È vero che le statistiche ci dicono che, nel 2014, i clienti stranieri continuavano a detenere nelle banche svizzere 1’800 miliardi di franchi. E chissà quanti altri erano ancora depositati nelle loro cassette di sicurezza. Tuttavia, dopo il 2009, il settore bancario, per non dire il settore finanziario, del nostro paese ha conosciuto una forte ristrutturazione. Dal 2007 al 2017 l’effettivo delle banche si è ridotto da 330 a 253 e i posti di lavoro nel settore bancario sono diminuiti da 135’000 a 110’000. L’occupazione nel settore bancario è quindi diminuita più lentamente che l’effettivo delle banche. Anche in Ticino si è rilevata la medesima tendenza. Disponiamo di dati per il 2006 e il 2016 grazie all’annuale rapporto sulla «Piazza finanziaria ticinese» del Centro Studi di Villa Negroni. In questo decennio l’effettivo delle banche si è ridotto da 77 a 45, con una perdita pari quindi al 41,5%, mentre l’occupazione è diminuita da 7538 a 5894 unità, con una perdita del 21,8%, ossia di poco superiore a quella riscontrata per la Svizzera nel decennio 2007-2017.

Alla luce di questi dati sembrerebbe che la scomparsa del segreto bancario abbia avuto un’influenza negativa soprattutto sull’evoluzione dei piccoli istituti. Apparentemente questo si deve al fatto che i controlli necessari per assicurare che la banca tratti solo con denaro pulito sono troppo costosi per i piccoli istituti.