Di uomini e bestie

/ 09.10.2017
di Cesare Poppi

Qualche giorno fa una banca svedese ha diffuso in rete una pubblicità per certi suoi servizi finanziari che si vogliono particolarmente «fluidi» – smooth in originale ma non si chieda all’Altropologo cosa con ciò s’intenda in finanziariese – e di facile gestione. Testimonial del prodotto era una strana creatura – per non dire un bestione – che nuotava sott’acqua in un maestoso fluire di sinuoso pelame (da qui suppongo la sua «smoothità»). Un incrocio – immaginate – fra il Chewbecca di Star Wars, l’Ofelia di John Millais (1882) e un pastore afgano. Insomma una roba inguardabile. E invece no: il pubblico della rete ha deciso che si trattava di un cane di una qualche novella razza e ha inondato la Banca con telefonate per sapere dove si potesse comprare tanta meraviglia. Il problema è che la bestia in questione non esiste, ed è frutto di una elaborazione al computer. Ahinoi ahinoi. Povera banca che ha messo in rete notizie false e tendenziose su un cane che fa gola a tutti ma ha il difetto di non esistere! Flop commerciale? Se fosse così è giusto che i responsabili siano puniti. 

Circa tre mesi fa si era consumato nella vicina Danimarca un altro dramma a sfondo canino che ha mobilitato le coscienze di molti dei vostri vicini ultra- e citramontani. La vicenda di Iceberg è andata pressappoco così. Iceberg è un esemplare femmina di Dogo (noteranno i lettori dell’Altropologo che non scrivo «cucciolo» per partito preso), razza canina argentina nota non solo per il colore bianco del pelo stavolta rasato, ma anche e soprattutto per la sua aggressività. In Danimarca, dove certe cose le fanno sul serio, la specie è per questo vietata. È successo invece che Iceberg passasse i controlli di frontiera al seguito del suo proprietario emigrato da Avellino a Copenhagen. Qui se ne stavano tutti felici e contenti fino a quando Iceberg non ha avuto uno scambio di opinioni con un altro pet – opinioni firmate con un bel morso che ha richiesto l’intervento della polizia danese. Scoperto il pedigree e denunciata l’importazione illegale, il cane è stato internato in un canile in attesa che la giustizia facesse il suo corso. Non appena si è configurata la possibilità che il cane fosse soppresso (così si appella la pena di morte nei confronti dei cani criminali) è partito il tamtam che ha visto la mobilitazione del padrone (obbligatoria, convengo), di 400.000 amanti dei cani che hanno prodotto petizioni (che sorprende ma ci può stare), di una serie di associazioni cino- e zoofile (e ci possono stare anche loro), di Noemi (cantante italiana divenuta paladina) – ma anche del Ministro degli Esteri italiano e dell’ambasciatore danese in Italia: a qui viene in tutta franchezza da domandarsi se le questioni fra Italia e Danimarca lascino così tanto tempo e chi deve occuparsene. Insomma, il parlamento danese si è impegnato a fare le debite correzioni alla Legge con l’efficienza che lo rende proverbiale e finalmente l’Ambasciatore Erik Lorenzen, il 21 giugno, ha potuto twittare urbi et orbi che Iceberg è stata graziata.

Cani, cani dappertutto. Almeno da questa parte delle Alpi fanno la parte del leone (o forse sarebbe meglio dire del Dogo) dei 60,5 milioni di pet presenti nelle case del Belpaese. Nel 2014 i cani erano presenti nel 55,6 per cento nelle case, di contro al 49,7 di gatti. Per nutrire i pet da questa parte delle Alpi si spendono 1,7 miliardi di euro, con spesa media di 30 euro mensili, per una spesa media di cento euro per medicine e veterinari. Da notare che di cani «fuori casa e fuori lista spesa» – quelli ovvero che definiamo «randagi» – ce ne sono almeno 600.000. Problema, quello del randagismo, paradossalmente sempre più intrattabile mano a mano che si afferma e consolida presso l’opinione pubblica la cosiddetta «coscienza animalista» più spesso che no incline ad una difesa ad oltranza dei protagonisti del fenomeno. Nelle case transalpine ci sono anche milioni di pesci, una maggioranza silenziosa che comunque la cede su tutti i fronti ai più quotati canidi. Protagonisti questi ultimi incontrastati anche del palcoscenico mediatico. Non passa praticamente giorno che sui siti dei principali quotidiani nazionali non vi siano filmatini, notiziole e altre curiosità inerenti ai migliori amici dei nostri vicini. In attesa ahimè della famosa notizia che tutti aspettano «uomo morde cane» anche la non-notizia «cane morde uomo» può andare – o almeno varianti a quella pericolosamente vicina. 

Il 4 ottobre un importante quotidiano italiano riportava con tanto di video testimonial «in caso non crediate a questa meraviglia» che il cane con la lingua più lunga del mondo si trova – e dove altro mai potrebbe trovarsi? – in Sud Dakota, Stati Uniti d’America. Ma quello che certo dovrebbe inorgoglire i cinofili confederati è che – udite udite – il pet in questione è un San Bernardo.