Di tv e nuove vertigini

/ 05.04.2021
di Aldo Grasso

Per oltre 70 anni, la televisione ha avuto una sua precisa collocazione e ha alimentato un’esperienza tanto diffusa quanto condivisa per lo spettatore, riassumibile nella semplice espressione del «guardare la tv». Lo scenario attuale di trasformazione e convergenza tecnologica ha comportato anche una mutazione nell’identità del telespettatore, oggi virtualmente chiamato a dare vita a un’eterogeneità di pratiche e modalità di visione differenti.

Per prima cosa, non dobbiamo cedere all’ingenuità della retorica secondo cui «la tv non esiste più», si è trasformata in qualcosa di radicalmente diverso e totalmente nuovo, è stata inevitabilmente surclassata da altri mezzi di comunicazione più «personali» e «leggeri» (come tutti quelli che si appoggiano al web come piattaforma distributiva). In realtà, la tv sopravvive eccome, sebbene il suo statuto sia attraversato da fenomeni di innovazione e cambiamento. Il dibattito pubblico si è molto esercitato sulla centralità dei nuovi media, che avrebbero in molti modi «reso obsoleta» la tv, e sull’affermazione di un nuovo modello di «tv senza editore», sempre più affrancato dalle tradizionali logiche produttive e ispirato a una dispersione multipiattaforma.

Senza troppo entrare in un discorso tecnico, sul mercato si confrontano ora non tanto i singoli canali, quanto le piattaforme di offerta, entità complesse in cui si incrociano tecnologia, modelli di business, modi di organizzare i contenuti televisivi. Non a caso due colossi come Apple e Google si stanno trasformando in media center, con lo scopo ben preciso di «linkare» sempre più le loro tecnologie con i contenuti della tv. L’apparato può essere immaginato come un grande smartphone per la tv: ci sono le applicazioni, i video, la musica e i siti web ottimizzati per essere visualizzati al meglio sullo schermo del televisore.

Ci sono nuovi colossi come Amazon e Netflix che si fanno largo grazie alla rete, con spregiudicatezza e velocità a noi sconosciute. In un simile quadro la tv generalista deve cambiare con urgenza pena la condanna a un ruolo sempre meno centrale. Anche se un modello economico per l’over-the-top tv è tutt’altro che chiaro: in rete c’è grande fame di contenuti audiovisivi, il web può rappresentare un enorme archivio on demand, ma come si regge, alla fine, il sistema, visto che lo spettatore è sì disposto a consumare contenuti, ma molto meno a pagarli (dal momento che esistono ancora strade illegali)? E allora, l’altra grande spinta a forgiare l’ambiente della convergenza deriva dalle imprese mediali, con i loro interessi, con le loro strategie e, soprattutto, con la loro capacità – più o meno sviluppata – di inserirsi creativamente e tempestivamente su un terreno in costante evoluzione.

La cosa più curiosa è che questo grande processo tecnologico in atto non espelle il pubblico, non lo relega irrimediabilmente al ruolo di «utilizzatore finale», anzi. Il pubblico può conquistarsi un ruolo da protagonista nello scenario della cultura convergente. Da un lato, perché i canali tv cercano sempre di più di costruire dei touchpoint, dei punti di contatto «emotivi» con lo spettatore, pensati per accrescerne il coinvolgimento. Dall’altro, perché la tv è sempre stata oggetto di condivisione sociale, ma solo oggi diventa concretamente smontabile, commentabile, soprattutto grazie alla rete.

Il dato può stupire, ma la centralità della tv nel sistema dei media è confermato, come abbiamo visto, dalla presenza esorbitante di tv sul web: la tv si guarda sul web (pensiamo ai contenuti su YouTube o altri aggregatori audiovisivi), la tv si commenta sul web (pensiamo ai discorsi sulla tv fra forum, blog, Twitter, Facebook e altri social). Se mai lo è stato realmente, oggi lo spettatore non è più passivamente sprofondato sul divano: utilizza di continuo la tv come risorsa, sia materiale che simbolica, per orientarsi, per discutere, per interagire, tanto online quanto offline.

Ma noi, come ci attrezziamo per affrontare un simile rivolgimento? Consideriamo la tecnologia come un gadget prezioso di cui non si può fare a meno? La convergenza è un fenomeno che cambia le nostre abitudini di consumo o cambia anche le abitudini cognitive?

Il passaggio universale al digitale terrestre è il più consistente cambiamento che la tv ha affrontato negli ultimi venti o trent’anni, anche soltanto per il numero di persone coinvolte. Ma il digitale terrestre, pur essendo la tecnologia di accesso-base alla tv, si sta già dimostrando obsoleto, a favore dello streaming. Quel che emerge è una moltiplicazione dei possibili percorsi che connettono chi produce e distribuisce i contenuti tv e chi li consuma.

La verità è che oggi, nel mondo della comunicazione, si compiono operazioni così vertiginose da essere state vagheggiate solo da qualche scrittore di fantascienza.