Uno dei miti del nostro tempo riguarda senz’altro il grande valore attribuito all’attualità. L’esigenza di stare al passo con i tempi, di essere sempre à la page, risuona come un imperativo categorico un po’ in tutti gli ambiti della nostra vita. Nella scuola, ad esempio, dove l’introduzione e lo sviluppo di strumenti tecnologici sempre più performanti sta diventando la preoccupazione principale, la priorità assoluta (salvo poi, durante il confinamento, rendersi conto dell’importanza della fisicità nella relazione educativa). Bisogna stare al passo con i tempi, anche se questi tempi non si sa bene quali siano, quasi fossero un’entità metafisica che ci chiede una fede incondizionata.
Dal mantra così pervasivo di un’attualità che vuole imporsi ad ogni costo nasce una percezione di urgenza e di velocità, di un’inarrestabile quanto ineludibile rincorsa verso qualcosa che rischia sempre di sfuggirci. Si tratta però di una percezione ingannevole perché di fatto questo tempo che ci costringe ad inseguirlo non sta andando da nessuna parte. Non ha una meta da raggiungere fuori di sé. Al contrario, è soltanto un agitarsi, un allegro rinnovarsi in modo autoreferenziale, come mostra la serie infinita di aggiornamenti e di sempre nuove versioni degli strumenti tecnologici. E questo agitarsi dell’innovazione è la miglior strategia per non passare, per non diventare passato, per rimanere sempre attuali.
In questo clima culturale il termine inattuale sembra suonare quasi come una parolaccia, o perlomeno sembra indicare una cosa senza alcun valore.
Inattuale, si legge nei migliori dizionari, significa ciò che non corrisponde alla situazione, alle esigenze del momento: anacronistico, antiquato, datato, obsoleto, fuori dal tempo. Non è difficile riconoscere anche in queste definizioni la presenza di una vera e propria mitologia dell’attualità.
Prova ne sia che la moda, massima esaltazione dell’amore incondizionato per l’attualità, ha inventato il concetto di vintage con cui, come per magia, ciò che potrebbe evocare la triste idea di démodé si trasforma in qualcosa di straordinariamente trendy, very cool. Ma il fatto di voler sempre essere trendy non riguarda solo il nostro look e le parole dell’apparire e dell’esibirsi. Questa rincorsa all’attualità agisce in profondità su molti dei nostri comportamenti e rischia di farci navigare a vista, senza una meta, in un tempo bloccato che continua a ripetere sé stesso. Sarebbe invece auspicabile riconoscere ed accogliere anche il valore di ciò che viene considerato inattuale, e proprio perché inattuale, ovvero fuori dal presente. Sarebbe auspicabile accogliere l’inattualità di gesti, pensieri e sogni come apertura, come spinta creativa a guardare fuori dal presente, a saper scorgere altre temporalità, ad immaginare un altrove sempre possibile verso cui orientare il nostro sguardo. Una preziosa esperienza di trascendenza, insomma, che questo presente sembra voler soffocare. Dar voce a ciò che è considerato inattuale è anche una forma di resistenza all’omologazione, ovvero al rischio di consegnare il senso e il valore delle cose a ciò che esiste per il solo motivo che esiste. Ciò che si offre a noi come inattuale può essere inoltre un potente antidoto anche al disincanto, sentimento triste di chi si sente prigioniero di un presente ineluttabile su cui percepisce di non aver alcuna presa. Inattuale è ogni gesto e ogni pensiero che riesce ad eludere i linguaggi dei dati di fatto, con le loro derive spesso dogmatiche che spengono lo spirito critico e l’immaginazione.
Come sappiamo tutti per esperienza diretta, stare un po’ da un’altra parte, prendere le distanze da ciò che ci avvolge e qualche volta ci travolge, è importante per capire meglio, per rimanere in dialogo con sé stessi, e con i tempi dell’anima. Questo valore di ciò che è considerato inattuale non ha nulla a che vedere con il desiderio di un ritorno al passato. Non è un modo per esprimere un possibile malessere nei confronti del presente evocando tempi migliori che furono. No, non è questo, al contrario è una straordinaria occasione di apertura sull’inatteso. Di questo valore è testimonianza ed espressione la storia che, rovesciando l’idea di obsoleto e fuori dal tempo, ci sa raccontare il divenire dell’umanità nelle sue scelte, mettendo in scena la realtà di altri presenti. L’inattualità custodita nella storia sa parlarci di una realtà in divenire che in ogni epoca avrebbe potuto essere anche altra.
Una grande occasione per riuscire a intravvedere, a pensare e ad accogliere la complessità del reale e del suo continuo imprevedibile movimento.