Pur essendo di non molti giorni fa, è ormai una storia vecchia quella del FC Lugano che si separa dall’allenatore Andrea Manzo, per decisione del presidente Angelo Renzetti, e che ingaggia Paolo Tramezzani, un buon tecnico che non ha però mai agito quale allenatore principale. Per il resto si attendono i primi risultati della ripresa del campionato, dove il Lugano dovrà puntare al salvataggio o – chissà? – magari perfino a un posto di maggior prestigio nella classifica finale.
Più recenti sono i racconti degli ultimi giorni dell’anno, a partire dalla scomparsa del campionissimo del ciclismo svizzero, Ferdinand Kübler, chiamato da tutti familiarmente Ferdi. Nella corsa della vita, Kübler ha tirato abilmente il freno: per la prima e unica volta forse ha preferito che lo precedessero al traguardo altri grandi campioni, resistendo fino all’età di 97 anni. Può darsi che nell’aldilà, dietro una nube e prima di una curva ci sia una folla di appassionati del ciclismo ad attenderlo. Fra questi certamente anche quelli che non l’hanno mai molto amato, preferendogli il più elegante in sella (e non solo) Hugo Koblet, l’altro grande «K» svizzero della bici, col quale ci fu negli anni d’oro (attorno al 1950) una forte rivalità, ma anche un po’ di amicizia.
I più grandi avversari dei due elvetici (Kübler fu giudicato dagli esperti dello sport l’atleta rossocrociato del secolo) erano allora gli italiani Coppi e Bartali, i francesi Bobet e Geminiani, e il belga Ockers. A stimolare Kübler sul piano agonistico era però il bell’Hugo Koblet. Infatti, Ferdi vinse il Tour de France nel 1950, anno in cui Koblet era stato il primo straniero a imporsi nel Giro d’Italia. L’anno successivo, fu Koblet a vincere quasi con irrisoria facilità il Tour, e allora Ferdi (che non vinse mai la corsa a tappe italiana) si impegnò a fondo per puntare al titolo mondiale.
In disaccordo con la propria Federazione, soprattutto col presidente di allora, Kübler si allenò da solo, scalando cinque volte il passo del Susten, poi rifiutò di alloggiare con la squadra, accettando l’invito del ticinese Emilio Croci-Torti che gli preparò un minestrone e un buon filetto la sera prima della corsa sul circuito di Varese e l’obbligò poi a dormire nel più comodo letto matrimoniale. Kübler vinse quei mondiali in volata, beffando all’ippodromo di Varese i sette avversari che erano in fuga con lui, fra cui tre italiani (Bevilacqua, il capitano designato degli azzurri Fiorenzo Magni, e Minardi).
Il cronista di radio Monteceneri, Giuseppe Albertini, descrisse quello sprint ripetendo quasi all’infinito: «Kübler, Kübler, Kübler…»). Ferdi deve averlo sentito, perché non ci fu nulla da fare contro di lui. Invitato a partecipare alla cena di gala dal suo presidente, Kübler si rifiutò, poiché a Lugano l’attendevano per una grande festa in Piazza della Riforma. Lui amava il pubblico ticinese e al cronista Marco Blaser telefonava alla radio comunicando il suo passaggio a ogni località, fino al traguardo luganese. Credo che regalò la maglia iridata al papà di Bigio Biaggi, proprietario del Caffè della Posta.
Con Emilio Croci-Torti accolse poi la proposta di formare il cast che disputò la prima corsa a cronometro denominata Premio Panettone Vanini, che attirò sulle strade del circuito luganese centinaia di migliaia di appassionati, soprattutto accorsi dall’Italia. Kübler si impose quindi anche contro Coppi che nella successiva edizione batté il favorito Koblet e, qualche anno dopo, fu il francese Jaques Anquetil a diventare l’eroe di quella prova vincendola per ben sette volte.
Non stiamo qui a ripetere quanti altri titoli conquistò il Ferdi, che la regia del Tour, qualche anno fa, onorò quale vincitore del Giro di Francia ancora in vita! Di Kübler si continuerà a raccontare le mille storie, come quella dei due successi consecutivi nel «Weekend delle Ardenne, Freccia Vallona e Liegi-Bastogne-Liegi», della Bordeaux-Parigi (quasi 600 km) che si correva in una sola frazione, con partenza sotto la luce dei fari!
Con un velo di tristezza abbiamo preso commiato dal corridore di Adliswil. Atleta completo, finita la carriera sulle due ruote, egli si trasformò in ottimo maestro di sci, con clienti famosi sulle nevi di Davos e, per via del suo naso aquilino, ancora fino a poco tempo fa guadagnò parecchio facendo una pubblicità come uomo dal buon fiuto.
La neve quest’anno ha dimenticato ancora una volta Davos e altre famose località alpine. Ma il ghiaccio artificiale ha attirato nuovamente un pubblico traboccante a tutte le gare dell’attesissima Coppa Spengler. Per il secondo anno consecutivo l’HC Lugano rinforzato, ospite d’onore, si è classificato secondo, perdendo soltanto la finale (andata nuovamente al Team Canada) dopo successi di prestigio contro avversari dell’Europa dell’Est e il Davos. Una squadra bianconera che pare aver preso lo slancio per riscattarsi nei playoff e puntare, magari, al titolo nazionale. Non sarà facile: la qualità degli avversari e le difficoltà negli incontri in trasferta dei bianconeri sono ostacoli che la squadra di capitan Hirschi dovrà riuscire a superare.
Dal disco su ghiaccio alle palline da tennis.
Eccoci, infine, all’atteso ritorno di Roger Federer. Fermatosi lo scorso 8 luglio, il nostro campione della racchetta parteciperà alla Hopman Cup, considerato un mondiale di doppio misto. La prima volta Federer lo vinse insieme a Martina Hingis. Stavolta la sua compagna di gioco è Belinda Bencic. Il pronostico è praticamente impossibile, data la lunga assenza, ma il suo preparatore Pierre Paganini è convinto che Roger ha risolto tutti i suoi problemi fisici. Lo spera il campione di Basilea e l’immensa folla dei suoi sostenitori.