Da grande voglio fare lo sherpa!

/ 15.05.2023
di Bruno Gambarotta

«Lo sherpa!», rispondevo quando mi domandavano cosa avrei voluto fare da grande. Mi piaceva la parola, alla radio e sui giornali si parlava della conquista del K2, un evento che si sarebbe poi compiuto il 31 luglio del 1954. Seguendo le cronache del Giro d’Italia parteggiavo per i «portatori d’acqua», i corridori che allungavano ai campioni le borracce ripiene in modo che potessero tagliare il traguardo per primi. Fantasticando viaggi di mare non mi vedevo sul ponte di comando ma nella sala macchine.

Approdato al quinto piano di viale Mazzini sono poi riuscito a fare lo sherpa. Qualche volta i direttori mi davano da leggere la sera a casa i corposi testi delle proposte e dei copioni, per farne una sintesi di poche pagine. Non si fidavano del tutto dei diretti sottoposti, per via dei loro legami di amicizia con le varie confraternite culturali romane. Ho pensato di aver toccato il vertice della carriera di sherpa quando mi hanno affidato l’incarico di affiancare Adriano Celentano nell’organizzare la produzione di Fantastico ’87, 14 puntate in onda ogni sabato dal 3 ottobre 1987 al 6 gennaio 1988.

Non è andata come mi immaginavo. Nonostante le ripetute prove di fedeltà da parte mia, Adriano non è mai arrivato a fidarsi del tutto di me. Per l’undicesima puntata, in onda il 12 dicembre 1987, erano previsti, nella casella dei cantanti stranieri, i Bee Gees. Naturalmente Adriano sapeva chi erano, se non altro perché il suo parere era vincolante prima di invitare un ospite in trasmissione. Trascorro il lunedì nell’emeroteca e nella discoteca di viale Mazzini a fotocopiare servizi, interviste e custodie dei tanti dischi dei Bee Gees. Un discreto malloppo. Il martedì lo porgo ad Adriano e lui nemmeno lo tocca: «Non ho il tempo per leggerlo. Fallo tu». «Lo faccio ma non sono io quello che deve intervistarli.» Adriano corre ai ripari: «Riassumi tutto in una pagina, non di più. E poi me la dai». Eseguo. Il mercoledì a mezzogiorno la paginetta è pronta e nel pomeriggio viene consegnata a Celentano. Giovedì e venerdì trascorrono come sempre in un lampo. Sabato primo pomeriggio, inizio della prova generale, Adriano: «Dimmi qualcosa dei Bee Gees». «Non hai letto la paginetta?» «No, fai una cosa scrivimi non più di dieci righe, con le cose essenziali, tipo da quanti anni suonano, quanti dischi hanno fatto finora e il titolo del loro ultimo disco». Alle 17, terminata la prova generale, Adriano ritorna in albergo a Monte Mario per prepararsi e tra le altre cose gli consegno il biglietto con le dieci righe. Arriva la sera e tutto procede secondo il solito rituale: Adriano scende da Monte Mario con il costume di scena quando già stanno scorrendo i titoli di testa. Al momento previsto dalla scaletta entrano in scena i Bee Gees – sono in tre – e cantano due delle loro canzoni. Mentre cantano Adriano è in piedi, sul lato sinistro del palcoscenico, ovviamente non inquadrato dalle telecamere. Io, come sempre, gli sto vicino: «Dimmi in fretta qualcosa su di loro».

Lui è tranquillo sono io quello in affanno: «Sono tre fratelli, Barry, Robin e Maurice, sono nati da genitori inglesi sull’isola di Man ma la famiglia si è trasferita in Australia. Suonano da 25 anni e hanno prodotto 25 dischi. (“Uno per anno” chiosa Adriano). Hanno realizzato la musica della febbre del sabato sera».

«Come si intitola il loro ultimo

Ellepi?»

«Esp»

«Cosa significa Esp?»

«Esperienze extrasensoriali».

«Cosa sarebbero esattamente?»

I tre canterini hanno terminato la loro esibizione, l’assistente di studio fa disperati cenni perché Adriano si decida a raggiungerli.

Mi affanno a rispondere: «Beh, le esperienze extrasensoriali sono tutte quelle cose che hanno a che fare con il paranormale».

«Sei sicuro che il titolo sia proprio Esp?»

Gli do conferma e lui senza fretta s’incammina.

Arriva vicino ai Bee Gees, li studia ben bene in silenzio, tutti tratteniamo il fiato. Finalmente pone la prima domanda: «Com’è che si intitola il vostro ultimo ellepì?»

L’intervista durerà quasi otto minuti. Con lunghi silenzi meditativi fra una domanda e l’altra: «Credete nel soprannaturale?» E «Come sta John Travolta?» Notare: La febbre del sabato sera è del 1977, dieci anni prima.