Cringe

/ 20.12.2021
di Simona Ravizza

Nel linguaggio di mia figlia Clotilde e dei suoi amici 13-14enni la parola cringe è frequentissima. Così l’altro giorno azzardo: «Coco, cosa vuol dire essere cringe?». Risposta: «Mamma, il fatto stesso che tu me lo chieda è cringe». Momento di smarrimento. Ci riprovo: «Ma io – insisto, mentre penso che l’ho messa al mondo con un taglio cesareo, l’ho allattata nonostante le ragadi al seno, ho attraversato la città due volte a settimana per due anni per farle frequentare degli inutili allenamenti di pallavolo, le ho organizzato feste con bambini rumorosi, ecc. ecc. – sono cringe?». La sua attenzione è già altrove, lì attaccata allo schermo dell’Ipad a vedere Haikyuu!! – L’asso del volley, la serie animata giapponese (anime) tratta dal fumetto (manga) di Haruichi Furudate.

Vado a leggere, allora, cosa dice l’Accademia della Crusca, uno dei principali punti di riferimento a livello mondiale per le ricerche sulla lingua italiana. Perché – e ciò deve farci riflettere – l’11 gennaio 2021 la parola cringe è entrata nel famoso vocabolario dei massimi esperti in materia. L’ambito d’uso che le viene assegnato è: «Giovani, rete, social media». L’ambito di origine: «Rete, social media». Se usato come sostantivo è «il fenomeno del suscitare imbarazzo e, in particolare, le scene, le immagini, i comportamenti che causano tale sensazione». In versione aggettivo significa «imbarazzante». Dall’inglese to cringe, la traduzione letterale vuol dire «rannicchiarsi» e «provare vergogna per qualcosa». Per Slengo, il dizionario online dedicato ai neologismi curato dal popolo di Internet, è «un momento, una frase, una scena, un meme o una persona che creano un leggero disagio in coloro che guardano o ascoltano». Molto usato anche il suo superlativo: cringissimo! E non manca di essere utilizzato in modo caustico: «Mi ha cringiato».

Proviamo a calare il suo significato nella vita quotidiana che facciamo con i nostri figli. Noi genitori siamo cringe tutte le volte che vogliamo essere brillanti e sorprendenti per conquistare la simpatia dei giovanissimi. Lo siamo perché cerchiamo forzatamente il loro consenso con linguaggi e atteggiamenti che non ci appartengono. Nel tentativo di strizzare loro un occhio. Il nostro obiettivo è di accorciare il divario generazionale, invece nella pratica lo allarghiamo. Il mio dirimpettaio di scrivania in redazione, Alessandro, è un Millenial che si occupa di contenuti social: «Non c’è nulla di più cringe – mi avvisa – di quando un genitore cerca di entrare in sintonia con i figli imitandoli per fare quello che li capisce». Lo stesso vale quando noi adulti cerchiamo di raccontarli, con il rischio di risultare stonati: il film Genitori contro influencer di Michela Andreozzi (di cui ci siamo occupati anche a Il Caffè delle mamme) è considerato cringe e noi lo diventiamo quando cerchiamo di convincere i nostri figli a vederlo con noi.

Messaggiare su WhatsApp a colpi di emoticon è cringe (in particolare il pollicione alzato). Credere che tutti gli adolescenti usino i social allo stesso modo ignorandone la loro complessità e, dunque, fare quelli che ci capiscono è cringe. Interloquire con gli amici dei figli in modo ostentatamente giovanile è cringe: fare i simpaticoni è la cosa peggiore. La giornalista Annalena Benini su «Il Foglio» in un articolo intitolato Tutto quello che si deve sapere sul cringe, per non caderci dentro scrive: «Il cringe è vicino al trash: ma mentre il trash è sempre anche cringe, il cringe non è necessariamente trash. Un padre che racconta le barzellette che non fanno ridere per risultare simpatico agli amici di suo figlio non è per forza trash, anzi in quel suo essere cringe c’è anche qualcosa di positivo, e nel trovarlo tremendamente cringe c’è una manifestazione di affetto e di pietà». Persino un silenzio può essere cringe. Ma perché è così difficile entrare in sintonia con i nostri figli? Se siamo noi stessi siamo boomer, se cerchiamo di essere giovanili siamo cringe. Il passo avanti può essere solo quello di diventare consapevoli di quello che siamo. La cosa terribile è che adesso che so che cosa significa il termine cringe non posso neppure usarlo. Perché ho capito che sarei cringe.