Covid, non si parla d’altro

/ 31.08.2020
di Aldo Cazzullo

Ci eravamo illusi. Avevamo pensato che il caldo avrebbe spazzato via il virus. Non è andata così. La pandemia è ricominciata. In Spagna, in Francia. Anche in Germania. Negli Stati Uniti e in America Latina (dov’è inverno) non ha mai mollato la presa, e potrebbe rivelarsi decisiva alle prossime presidenziali Usa del 3 novembre, quando Trump potrebbe pagare il conto dei molti errori commessi.

In Italia i numeri dei nuovi contagi, per quanto in aumento, sono meno allarmanti. La maggior parte dei positivi sono giovani, spesso asintomatici, quasi mai bisognosi di ricovero. Ma la discussione pubblica è accesa. Non si parla d’altro. La destra mette sotto accusa il governo. E il governo mette sotto accusa i negazionisti che rifiutano la mascherina e il distanziamento.

A me pare che quest’estate il governo – in particolare su iniziativa del ministro della Salute, Roberto Speranza – abbia fatto bene a prendere alcuni provvedimenti prudenziali, tipo ripristinare il distanziamento sui treni e chiudere le discoteche; è stato semmai sbagliato riaprirle. Lasciare autonomia di scelta alle Regioni ha creato confusione e inutili rischi, divenuti realtà soprattutto in Sardegna. Resta un dato: fare un tampone è tuttora troppo difficile. È più semplice fare un test sierologico, che però non dice molto: se l’esito è positivo, occorre comunque il tampone; e la trafila burocratica, tra burocrazie sanitarie e medici di famiglia, resta complicata.

Per quanto riguarda i negazionisti, appariva chiaro che l’ostentato rifiuto della mascherina fosse un gesto irresponsabile; tanto quanto scagliarsi contro accorgimenti inevitabili per quanto fastidiosi come fossero soprusi antidemocratici. In particolare Matteo Salvini ha tentato di cavalcare l’insofferenza per la mascherina, salvo poi dare l’impressione di tornare sui propri passi. La Lega resta il primo partito nei sondaggi; ma nella peggior crisi del dopoguerra il suo leader pare non aver mai trovato il bandolo della matassa, il tono e le parole giuste. E i denari in arrivo dall’Europa mettono in difficoltà un antieuropeista convinto come lui. L’opinione pubblica ha apprezzato di più le mosse del presidente della Regione Veneto Luca Zaia, che si avvia a una rielezione trionfale (ma non sembra avere ambizioni nazionali).

Per quanto l’Italia sia oggi messa meno peggio di altri Paesi europei, l’atmosfera resta di attesa. E un pessimismo strisciante aggrava le previsioni per un autunno che si annuncia molto difficile sul piano sociale ed economico. Ovviamente, il negazionismo non ha aiutato. Una pandemia tira fuori il carattere di un popolo, spesso nel bene ma talora pure nel male. Purtroppo un popolo di individualisti tende a pensare: siccome io non ho il virus, il virus non esiste. Come se tutte le cose del vasto mondo dovessero essere riferite al proprio ego.

Un discorso a parte va fatto per le scuole. Tuttora non si sa se riapriranno o meno: non c’è spazio per il distanziamento tra gli scolari. Qualcuno ha ricordato che dopo la Seconda guerra mondiale l’Italia si era ritrovata quasi senza scuole. Doppi e tripli turni erano la norma. Molti bambini arrivavano dalla campagna a piedi, con un pezzo di legno sotto braccio per accendere il fuoco. A complicare ulteriormente le cose, l’Italia del dopoguerra era un Paese che di bambini ne faceva molti; perché credeva in se stesso e nel futuro. Ancora negli anni Settanta, quando erano piccoli gli italiani della mia generazione, c’erano i doppi turni: per un trimestre si andava a scuola il pomeriggio. Non era una tragedia.

Capisco che per gli studenti, in particolare per quelli delle elementari, la pandemia possa essere stata un trauma. All’inevitabile sollievo dei primi giorni – «la scuola è chiusa!» – è seguito un periodo un po’ alienante, spesso dominato dai social e dai videogames. Andare a scuola significa anche imparare a convivere, a condividere, a crescere insieme. E l’insegnante non può essere solo un’immagine sul computer. Per questo tutti noi europei abbiamo bisogno, a cominciare dai nostri figli e nipoti, che le scuole riaprano.

Non sarà facile riaprirle in sicurezza. Ma senza piagnistei, e rispettando le regole, si può fare. Lo psicodramma collettivo cui si assiste in Italia non aiuta. Aiuterebbe un minimo di collaborazione tra ministero, presidi, sindacati. L’idea dei doppi turni non è peregrina. E se servono soldi, per i termoscanner e il resto, si usino quelli del Mes.

L’Europa infatti ha attivato una linea di credito praticamente senza interessi, a patto che le risorse siano spese per rafforzare la sanità, prevenire il contagio, frenare la pandemia. Per motivi ideologici il governo finora ha detto no. Ma, se la situazione diventerà ancora più grave, forse pure i Cinque Stelle si convinceranno che del Mes non si può fare a meno.