I mercati di roba usata sono un’esperienza che consiglio. Prima di tutto per il misto favoloso e angosciante che c’è. In genere ci si trova l’arredamento degli ultimi 70 anni di una famiglia a basso reddito. Sembra di entrare in una casa di morti. E le cose pure loro sono cose morte. Ci sono gli armadi, sfilate di armadi ingombranti ancora con il puzzo della naftalina; vicino le relative testate del letto matrimoniale; gli sposi ci avranno dormito ogni notte, producendo l’odore tipico della vita matrimoniale, un odore tiepido e un po’ malsano, che impregna il materasso.
Infatti di materassi usati ce ne sono meno, perché fanno un po’ schifo, essendo l’odore indelebile. Allora finiscono nelle isole ecologiche di smaltimento dove vengono bruciati, perché nessuno vorrebbe dormire nei liquidi organici di un’altra famiglia, coi suoi acari, le micro desquamazioni, le forfore. Solo qualche barbone osa accucciarsi negli odori altrui, e nasconde in un angolo buio un materasso di vecchia data e ci dorme, fin che le autorità glielo permettono.
Poi ci sono i cassettoni, perché la camera matrimoniale è fatta di letto, armadio e cassettone, in genere nello stesso stile, in genere di legno finto, cioè segatura compressa e un sottile rivestimento plastificato. In contiguità c’è il salotto, che vuol dire divano con due poltrone e un tavolino basso coperto da un vetro, e l’eventuale mobiletto bar, che però non è frequente, essendo un lusso super extra se foderato di specchio e con luce interna.
Si trovano a volte le bottiglie ancora sigillate di amaro, di cognac, marsala, centerbe, grappa, un whisky inglese degli anni 50-60 che nessuno ha mai bevuto, e dopo trent’anni nessuno ha più avuto il coraggio di bere, rimanendo però in mostra nella vetrinetta, a testimoniare un certo qual lusso nei ricevimenti potenziali, che però non ci sono stati, e se ce n’è stato qualcuno hanno preferito il caffè, ma il liquore grazie no, anche se già erano pronti i bicchierini, rimessi via e mai usati. Infatti di bicchierini se ne trovano in abbondanza.
Poi sale da pranzo con tavole e sedie. Ci sono sale da pranzo in cui di fatto non si pranzava mai, e allora i mobili sono in perfetto stato, però con un’aria gelida, che crea malessere, ci si mangiava quando veniva la suocera, ed erano pranzi artificiali, cui seguiva, spesso, un litigio fra i coniugi, che gettava un senso di disgusto sulla sala da pranzo. Questi tavoli hanno poco successo, li compra qualche immigrato, incantato dal lucido e dal piano ancora nuovo; sono altre le sue regole famigliari e non ci riconosce il gelo domenicale della triste vita di coppia occidentale.
Segue il settore stoviglie, i piatti sbeccati, i bicchieri spaiati, il servizio di posate ossidate, la piastra da fuoco inutile e perciò mai usata, i porta uovo, i regali di nozze ancora incartati di finto argento, che comprendono salsiere, il secchio per lo spumante, coltellini in lega metallica che imita l’oro, pomposi vasi da fiori, il kit per i formaggi, dio mio che tristezza!
Più in là ci sono i vestiti; le mode che parevano imprescindibili, adesso sono ridicole; quando torneranno in auge, la muffa e le tarme li avranno bucherellati. E vicino ci sono i libri, soprattutto i best seller, comprati da chi non legge; come i vestiti sembrava necessario averli, adesso sono inguardabili, delle schifezze da macero, titoli di moda di autori sepolti; scorrerli fa male al cuore, promesse d’immortalità durate un’estate, ahimè! oppure autori con una media fama che nessuno adesso vuole più in casa. C’è anche qualche classico, ma con la copertina dorata e rigida, per fare bella figura, usati come soprammobili, ahimè! assieme ai portacenere pesanti di vetro e a qualche vecchia coppa sportiva, premio ciclistico, premio di tombola. Qualcuno le compra e le riadatta ad un altro premio, poi torneranno qui, tra la roba a fine carriera.
E infine si trovano pure stampelle, cyclette, congegni per la riabilitazione, deambulatori ortopedici, sedie a rotelle e letti ospedalieri finali; perché in questi mercati c’è rappresentato l’arco intero della vita umana, col suo triste finale, più o meno sempre uguale. Ci si deve venire con spirito archeologico, come se si fosse scavato e si fosse scoperta una tomba sotto la cenere di un’eruzione.