Da qualche settimana sto preparando il mio ennesimo trasloco. Passerò da una casa che mi offriva ampi spazi per depositare documenti, libri e rapporti, a un appartamento con più o meno la metà della superficie abitabile di prima, il che mi obbliga a eliminare almeno la metà della carta accumulata in questi ultimi cinquant’anni. Ed è facendo questa selezione che ho ritrovato una serie di numeri della rivista «Territoires 2020», che la Datar (la famosa delegazione francese per la pianificazione del territorio e l’azione regionale) aveva pubblicato, all’inizio di questo secolo per animare il dibattito sul futuro dello sviluppo del territorio. Sfogliando questi numeri, la mia attenzione è stata attratta in particolare da un articolo di Guy Baudelle, allora professore di urbanistica all’università di Reims, nel quale venivano presentati 5 scenari per l’Europa del 2020.
Mi sono detto che una verifica delle anticipazioni di Baudelle e del suo gruppo di ricercatori, alla scadenza del periodo di previsione, poteva essere interessante anche per i lettori di «Azione». I cinque scenari in questione sono stati costruiti partendo da quelli che Baudelle e i suoi collaboratori definivano – vent’anni fa è bene sottolinearlo – i 4 sotto-sistemi principali in grado di influire sullo sviluppo dell’Unione europea. Si trattava in primo luogo della frontiera dell’Unione, ossia, andando per le spicce, del numero di membri che la stessa avrebbe avuto nel 2020. Il secondo sotto-sistema importante era il modo di governanza, vale a dire in quale direzione si sarebbe evoluto il grado di integrazione dell’Unione: verso una concentrazione delle competenze a Bruxelles oppure verso il federalismo? Il terzo sotto-sistema riguardava in particolare la politica di pianificazione territoriale e formulava varianti rispetto alla distribuzione delle competenze in materia di sviluppo territoriale.
L’ultimo sottosistema riguardava le differenze di sviluppo tra le diverse regioni europee. L’evoluzione dei primi due decenni del nuovo secolo avrebbe rafforzato le differenze e fatto nascere un’Europa a due velocità, oppure si sarebbe riusciti a conseguire un riequilibrio dei livelli di sviluppo regionali? Per ognuno di questi sottosistemi il gruppo di Baudelle aveva elaborato diversi scenari (dai 4 ai 6). Combinando infine questi scenari si erano ottenuti 9 scenari principali per il futuro territoriale dell’Unione europea. Di questi 4 furono scartati perché la loro realizzazione era poco probabile. Nei 5 scenari ritenuti, le questioni poste dallo sviluppo probabile dei 4 sotto-sistemi vennero interpretate nel modo che segue. Nel primo scenario denominato «la fortezza europea» il numero dei paesi membri restava fissato a 15.
Per gli autori della ricerca questo scenario pur essendo possibile (nel 2002) non era certamente desiderabile. Negli altri 4 scenari il numero dei paesi membri era quello di oggi: 27. Nel secondo scenario, denominato «l’Europa frammentata» l’ampliamento del numero dei paesi membri avveniva in modo poco controllato il che, in definitiva, avrebbe contribuito a mantenere lo scarto tra centro e periferia. Il terzo scenario , quello dell’«Europa estrapolata» anticipava uno sviluppo in grandi assi metropolitani che portava avanti le tendenze manifestatesi nei tre ultimi decenni del ventesimo secolo. Per gli autori degli scenari si trattava di un’Europa non soddisfacente e insoddisfatta che avrebbe raccolto sempre meno consensi. Il quarto scenario era quello dell’«Europa delle cooperazioni non egualitarie» che avrebbe rafforzato livelli di governo extra-nazionali e indebolito gli Stati membri facendo aumentare nel contempo le differenze tra le regioni.
Veniva infine l’«Europa policentrica» che, per il gruppo di Baudelle, sarebbe stato lo scenario migliore perché promuoveva la convergenza economica e evitava una concentrazione del potere a livello europeo. A venti anni di distanza possiamo dire che lo sviluppo reale, nonostante le crisi, ha seguito, abbastanza da vicino, lo scenario tendenziale, ossia quello dell’Europa estrapolata. Si è realizzata anche l’anticipazione dei futurologhi della Datar, stando alla quale la continuazione delle tendenze avrebbe fatto aumentare il numero degli insoddisfatti in Europa.
L’eterno contrasto tra il desiderabile e il fattibile si è quindi manifestato anche nel caso di questi scenari. Ai lettori interesserà, da ultimo, apprendere che il primo degli scenari scartati da Baudelle e dai suoi si chiamava l’«Europa persa» e anticipava la decomposizione dell’Unione per il ritiro di paesi membri e il ritorno in forza degli Stati nazionali. Ricordiamo che fu scartato perché, secondo i ricercatori, aveva poche probabilità di realizzarsi.