Cosa possiamo fare noi per il giornalismo di qualità?

/ 17.08.2020
di Natascha Fioretti

La volta scorsa ci siamo lasciati con alcune domande e da queste vorrei ripartire. Quanto tempo dedichiamo ogni giorno alla lettura di notizie? A quanti giornali siamo abbonati? Soprattutto, che valore diamo al nostro informarci, alla conoscenza di ciò che accade, all’approfondimento di temi e questioni che ci interessano per motivi professionali o personali? È ancora un’abitudine la lettura del giornale? Da qualche anno a questa parte, vuoi per la crisi economica e l’innovazione tecnologica, vuoi per una qualche fake news di troppo, i media in generale hanno subito un calo d’immagine, di forza e sono spesso sotto i riflettori della critica. Si tende ormai quasi sempre ad analizzarne difetti, mancanze e debolezze. Ma, insomma, anche qualche pregio ce l’hanno se ci accompagnano da tanti secoli. Il primo quotidiano impostato in modo moderno fu la «Leipziger Zeitung» nata a Lipsia nel luglio del 1650.

 Forse, senza abbassare la guardia perché è giusto mantenere uno sguardo critico, un’attenzione costante sull’operato dei media, è venuto il momento di chiederci cosa possiamo fare noi per l’ecosistema informativo di qualità e quindi per noi stessi, per la nostra conoscenza di ciò che ci accade intorno e per il nutrimento del nostro pensiero critico. Non come atto di carità o di pietà ma come atto di dovere civile basato su una salda convinzione: senza informazione, senza giornalismo di qualità e di approfondimento siamo cittadini a metà. In tempi in cui le maggiori testate del mondo si possono leggere anche online dovremmo sentire una maggiore necessità d’informazione e di ampliare i nostri orizzonti. Sorge di riflesso un’altra domanda: quanto siamo disposti a spendere per un giornalismo di qualità? Quale valore diamo al giornalismo? Quanto una cena al ristorante per due persone? Il costo dell’ultimo modello dell’iphone?

Diamo qualche cifra. L’abbonamento annuale alla NZZ in formato digitale costa 559 franchi, alla testata zurighese «Republik» 240 franchi e al «New Yorker» 49.99 il primo anno e 99 dollari il secondo. Qualcuno potrebbe dire non è poco e questo ci riporta al succo della questione: che priorità e importanza diamo nella nostra vita alla lettura quotidiana del giornale? In Corriere primo amore il giornalista Gaetano Afeltra che fu anche direttore del «Corriere della Sera» scrisse: «Tutto ciò che riguardava i giornali era per me fonte di un fascino irresistibile, quasi fisico: aspettavo l’arrivo dell’autobus della posta con i pacchi dei giornali e quando il rivenditore, il vecchio Andrea Savo, andava a prenderli, il cuore mi batteva forte se sapevo che c’era qualcosa di mio stampato. Il gesto con cui, con un colpo di coltello, apriva il pacco da cui sfarfallavano fuori le copie arrotolate, fresche e nitide, come petali di fiore, resta per me indimenticabile. Ne prendevo una copia, cercavo il mio pezzettino, mi appartavo e lo leggevo a voce alta». Qualcosa di questo fascino e di questa attesa deve essere rimasto anche per noi. Certo la lettura esige fatica e bisogno di concentrazione, esige tempo, quel tempo che oggi sempre di più è oggetto di distrazioni digitali. Ma, come dice il sociologo italiano Franco Ferrarotti, senza concentrazione non c’è autoconsapevolezza, non c’è pensiero profondo. E, mentre le distrazioni digitali ci allontanano da noi stessi, i giornali ci avvicinano, questo almeno è il mio pensiero.

Voglio chiudere questa riflessione con una buona notizia di qualche giorno fa. Per la prima volta da sempre i profitti dell’edizione digitale del «New York Times» hanno superato quelli della versione cartacea. I ricavi digitali, sommando abbonamenti e pubblicità, hanno superato quelli della carta: 185,5 milioni di dollari contro 175,4. «Abbiamo dimostrato che è possibile creare un circolo virtuoso in cui gli investimenti sul giornalismo di qualità creano un coinvolgimento del pubblico che a sua volta fa salire i profitti consentendo nuovi investimenti», ha commentato un entusiasta Mark Thompson, CEO uscente, sottolineando la crescita della redazione mentre il resto del settore è colpito da contrazioni nel personale.