Congiuntura: frenata dolce a livello nazionale

/ 25.03.2019
di Angelo Rossi

Questa settimana potevamo scegliere tra due argomenti: gli investimenti diretti della Cina e la movenza della nostra congiuntura. Da qualche tempo sta crescendo la pressione sul Consiglio federale perché intervenga, con un’apposita legge, a limitare gli investimenti diretti della Cina nella nostra economia o, per lo meno, che ponga certi paletti per proteggere aziende o rami che, si pensa, hanno valore strategico per il paese. Il nostro governo, per il momento, ha detto che non intende far niente perché, tutto sommato, si tratta di un problema di scarsa importanza. La questione, in un anno elettorale come questo, non è certo accantonata. Molto dipenderà da quello che succederà nei prossimi mesi in termini di investimenti diretti della Cina. Abbiamo quindi scelto di occuparci della congiuntura economica che, come anticipato dalle previsioni dell’autunno scorso, sembra stia lentamente peggiorando.

Il rapporto più recente della Seco, quello sull’inverno 2018-2019, descrive nei dettagli il cambiamento di rotta avvenuto nel terzo trimestre dello scorso anno, quando il tasso di crescita del prodotto interno lordo, per la prima volta dal quarto trimestre del 2016, è tornato ad essere negativo. Il calo nel tasso di crescita trimestrale tocca un po’ tutti i rami. Tuttavia la diminuzione di valore aggiunto è stata maggiore nel settore secondario che nel settore terziario. Per quel che riguarda le componenti della domanda globale la situazione non è molto più rosea. È vero che i consumi privati sono ancora aumentati dello 0.1%, ma consumi pubblici e investimenti sono stagnanti mentre le esportazioni e le importazioni sono diminuite, le prime più delle seconde. La frenata congiunturale, manifestatasi nel terzo trimestre è dunque importata. Essa è stata determinata dal rallentamento subito dagli scambi internazionali durante il 2018 a causa, da un lato, della diminuzione nel tasso di crescita dell’economia cinese e, dall’altro, della politica protezionista adottata dagli Stati Uniti nei confronti di diversi paesi.

I commentatori della Seco tendono a relativizzare il passo indietro fatto dalla nostra economia durante il terzo trimestre del 2018. Intanto perché sembra che nel quarto trimestre le esportazioni abbiano ripreso in forza e che, anche nel mese di gennaio di quest’anno, esse abbiano segnato un leggero aumento. Stando alla Seco il tasso di crescita per il 2018 resterà superiore al 2.5%, mentre per il 2019 e per il 2020 si annunciano riduzioni dei tassi dell’ordine di almeno un 1%. In altri termini, dopo l’accelerazione degli ultimi due anni, quest’anno e il prossimo, l’economia svizzera dovrebbe viaggiare a velocità normale, ossia con tassi di crescita del PIL vicini all’1.5-1.6%. Quanto all’evolversi della disoccupazione e dell’inflazione le aspettative non sono mutate. È probabile che il tasso di disoccupazione del 2019 superi di uno o due decimi di punto quello dello scorso anno, ma non raggiungerà, a livello nazionale, il 3%. Il tasso di inflazione continuerà ad essere influenzato dai capricci del prezzo del petrolio. Anche rispetto a questo indicatore ci si attende un lieve aumento, che non sarà però di portata tale da far superare il «target» del 2% della Banca nazionale. Il rallentamento congiunturale in atto a livello nazionale si farà sentire in modo più marcato nel Ticino. Basiamo questo giudizio sugli indicatori dell’occupazione. Il numero di occupati nell’economia ticinese è diminuito, nel quarto trimestre, del 3.8% rispetto al terzo trimestre del 2017. Nello stesso trimestre l’occupazione a livello nazionale faceva invece segnare ancora un aumento pari allo 0.8%. Aggiungiamo a questa prima indicazione il fatto che, alla fine del 2018, l’effettivo dei frontalieri occupati nel Cantone era diminuito del 5.3% rispetto al dato dell’anno precedente.

Siccome, per le caratteristiche strutturali dell’economia ticinese, esiste una forte correlazione tra l’evoluzione dell’occupazione e evoluzione del Pil, ci pare di poter concludere che: uno, la frenata congiunturale del terzo trimestre 2018 si è manifestata in modo più forte nel Cantone che a livello nazionale e, due, che, per il momento almeno, non disponiamo di indicazioni che, a differenza di quella svizzera, l’economia ticinese si sia ripresa nei trimestri successivi. L’USTAT, nel suo bollettino del 15 marzo, attribuisce questa differenza alla diversa evoluzione dei consumi privati che, contrariamente alla tendenza nazionale, in Ticino sono diminuiti.