Gli elettori dei Comuni ticinesi, dopo il rinvio del 2020, dovuto agli impedimenti del Coronavirus, hanno finalmente potuto votare per eleggere i loro municipi e i loro consigli comunali. Ora, per gli eletti, si tratterà di mettersi al lavoro. Chi scrive, per inveterato interesse alla politica, ha seguito sui giornali la campagna elettorale venendo così a conoscere quasi tutti i candidati ai municipi dei Comuni più grossi, il loro carattere, le loro doti, nonché i loro propositi. Quel che invece mi è venuto a mancare è il commento politico. Ho letto pochissimi articoli che illustrassero la situazione generale dei Comuni e, soprattutto, le particolarità del momento politico nel quale stiamo vivendo.
Il Comune non è solo la cellula della nostra democrazia, ma è anche un agente economico di primaria importanza. Anno sì, anno no, sono più di 200 milioni di franchi di investimenti che vengono realizzati dai nostri Comuni e che sicuramente, in più di un caso, contribuiscono a sostenere le economie locali. Il Comune è poi un importante datore di lavoro. Sono migliaia le persone impiegate presso le amministrazioni e le aziende comunali del nostro Cantone. In terzo luogo il Comune è un grosso dispensatore di servizi pubblici come, per fare solo due esempi, la scuola elementare e l’acqua potabile. La legge tratta i Comuni tutti allo stesso modo, nel senso che le sue misure vengono applicate ai Comuni come se gli stessi fossero tutti uguali. Invece i Comuni si distinguono molto per dimensione, capacità finanziaria e per i problemi ai quali devono accudire. Tenendo conto di queste differenze, i Comuni ticinesi possono essere suddivisi in tre gruppi che, attualmente, viaggiano con tre marce diverse.
Abbiamo dapprima i Comuni di grande taglia come Lugano, Bellinzona, Locarno, Mendrisio, Chiasso, che sono anche centri regionali. Lo sviluppo di questi Comuni possiede un carattere contradditorio. Essi sono infatti, da un lato, i veri e propri motori dell’economia ticinese, in particolare del settore dei servizi. Dall’altro, invece, questi comuni sono quelli che conoscono i problemi sociali e ecologici più gravi. Una quota molto importante dei disoccupati e degli assistiti del Cantone sono domiciliati in questi Comuni. La quota delle persone sole nella loro popolazione è la più alta del Cantone. Parte di questi Comuni soffrono, in misura superiore alla media, del fenomeno dell’invecchiamento. Per il rallentamento delle attività economiche questi Comuni si trovano, chi più chi meno, a dover affrontare grosse difficoltà.
La seconda categoria di Comuni con problemi è quella formata dai Comuni rurali e delle valli, in particolare di quelli delle Valli superiori che, da decenni, conoscono una tendenza alla decadenza. Ridotta a poca cosa l’agricoltura, praticamente scomparsa l’industria, con un turismo di residenze secondarie che pure tende alla stagnazione, minacciati dalle conseguenze del cambiamento climatico e dalla ristrutturazione dei servizi delle aziende pubbliche federali, ora privatizzate, questi Comuni sembrano non avere che un avvenire di zone residenziali, almeno là dove il pendolarismo quotidiano verso i posti di lavoro dei centri resta ancora possibile. Per favorire l’insediamento di nuova popolazione questi Comuni non hanno a disposizione che il fisco. Occorrerebbe che il Cantone, anche dal punto della politica fiscale, desse loro una mano.
Infine, la terza categoria è quella formata dai Comuni suburbani e periurbani nei quali si sono concentrati, nel corso degli ultimi 60 anni, una parte importante della popolazione e, soprattutto, una larga proporzione dei posti di lavoro. Di conseguenza questi Comuni, pur dovendo affrontare importanti problemi legati allo sviluppo demografico e delle attività economiche, si trovano in una buona situazione economica e finanziaria. Possono, in generale, affrontare l’avvenire con tranquillità.
Comuni: un Ticino con tre marce diverse
/ 26.04.2021
di Angelo Rossi
di Angelo Rossi