Mentre un presidente blocca l’ingresso nella sua nazione a chi gli sta antipatico, mentre la disoccupazione giovanile raggiunge vette ineguagliate, mentre si muore per il freddo e la neve, e soprattutto fa freddo anche all’Isola dei Famosi, c’è chi si occupa d’altro. Sorgono nelle metropoli istituzioni di cui sentivamo davvero la mancanza, atte a soccorrere il cittadino nelle sue primarie necessità. Asili nido? Negozi di vendita a peso e misura, per risparmiare sulle ricche confezioni? Luoghi deputati al baratto, così da evitare insieme l’accumulo di cose inutili e i frequenti imbrogli delle vendite web? No, no e no. I bambini continueranno ad avere destini diversi a seconda del censo, chi seguito da mamma e baby sitter, chi posizionato dalla nonna e pazienza se la nonna dorme davanti al televisore notte e giorno. I nostri guadagni continueranno a investire nella plastica del packaging, a contribuire quindi al soffocamento del pianeta (ogni tanto, per esempio, ricordiamoci di quel sesto continente, quell’isola composta da migliaia di chilometri quadrati di imballi di plastica, che viaggia placida per gli oceani). I genitori butteranno via o dimenticheranno in soffitta carrozzine, abiti, culle, tutto ciò che i loro bimbi non usano più. Quei genitori stessi compreranno ogni cosa nuova al figlioletto, per compensare col consumo quello che non sanno o non possono dare in tempo e attenzioni.
Però, i cittadini potranno godere dei vantaggi dell’«asilo per cani». Da anni lo si richiedeva a gran voce, imputando all’insostenibile mancanza le colpe di disfatte familiari, politiche, sportive. Da tempo sindaci e ministri esortavano i cittadini a offrirsi volontari per questo amorevole business. Infatti per porre rimedio all’inaccettabile ritardo, ora le cose si fanno per bene: non stiamo certo parlando di dog-sitter e di canili attrezzati, i primi quasi sempre giovani squattrinati senza alcuna cultura veterinaria e cinopedagogica, i secondi terribili scenari di detenzione, paragonabili, anche nelle versioni più chic e all’aria aperta, a certe prigioni che gli Stati Uniti promettono di chiudere e non chiudono, costruite su isole caraibiche. Dunque, il cucciolo non verrà lasciato a se stesso o condotto per volgari marciapiedi, perché ogni mattina passerà da casa lo scuolabus dell’asilo per cani.
Una modalità normale per le scuole degli umani del Nord America, da noi ancora poco praticata per le nostre scuole materne e primarie. Ma i cagnolini sì, hanno lo scuolabus. Arrivati all’asilo, le bestiole vengono accudite da esperti che si preoccupano della loro nutrizione, secondo diete personalizzate, del loro divertimento e movimento, si sa che in città i cani ingrassano perché si muovono poco, con gravi conseguenze per la salute. Infine, precisano i responsabili in interviste rilasciate negli ultimi giorni, ogni animaletto riceverà cure, coccole e attenzioni, tese a far dimenticare la trascuratezza di un «padrone» (ma che brutta parola, passare a «compagno»?) che non ha né tempo né energie per accudirlo. Perché prendere un cane se poi non ci si può dedicare, ci domanderemo insieme ad animalisti dotati di incredibile buon senso. Per poi riempire il cane di dolcetti e vizi per compensare le mancanze, facendogli del male. È lo stesso meccanismo cui si accennava prima, quello del bambino trascurato a cui non si nega niente nella speranza, del tutto vana, di recuperare amore grato e gratuito, quello che sorge spontaneo in cambio dell’accudimento, della «cura». Che in fondo è l’unica richiesta irrinunciabile di umani e animali, di grandi e piccini.
Nell’ultimo libro di Gianrico Carofiglio (L’estate fredda, Einaudi, astenersi appassionati dei thriller pulp e frettolosi della peggiore tradizione americana), il commissario Fenoglio illustra al carabiniere Pellecchia la teoria dei delinquenti adulti e bambini. Pochi sono gli «adulti», coloro che infrangono la legge per uno scopo preciso, come il guadagno e basta. Questi non si fanno scoprire quasi mai. La maggioranza, invece, delinque per attirare l’attenzione dell’autorità: compie gesti anche efferati, crudeli, e poi lo racconta in giro, se ne vanta, finendo per far arrivare le sue gesta all’orecchio di un confidente della polizia, che parla con chi sa e che alla fine mette l’autorità alla ricerca del ladro o assassino o altro. Costui si sente finalmente «ricercato», sia come i wanted del far west, sia come persona che desta interesse, c’è qualcuno che lo cerca per quello che ha fatto, la sua vita diventa piena di senso, da vuota che era. E se per ottenere questo scopo si è disposti a uccidere e a vivere o tra delinquenti in prigione o tra delinquenti in fuga, allora come potremo ancora avere la speranza di comprare con oggetti e cure di estranei la riconoscenza di grandi e piccini, cani o bambini?