Il preludio è stato un colpo di timpano: «occasione irripetibile». Questa era la volta buona, dopo anni di tentativi andati a vuoto, candidature improvvisate, delusioni cocenti. Il successore di Burkhalter doveva essere ticinese. L’ha scritto, a caratteri cubitali, anche il «Blick». Questa la premessa. Sennonché, nel sistema politico svizzero, di «irripetibile» non c’è nulla, una finestra si apre sempre, è solo questione di tempo. Se così non fosse, la Svizzera si condannerebbe all’autodissoluzione. È bene e sacrosanto sfruttare il momento, che oggettivamente è favorevole. Ma se dovesse andar male non stracciamoci le vesti. Altre dimissioni sono alle viste.
Secondo tema. Si parla ora di «minoranze». L’una storica, quella svizzero-italiana, assente dall’esecutivo federale da quasi vent’anni; l’altra di genere, la sotto-rappresentazione delle donne. Nel dibattito che si è sviluppato, le due minoranze sono state poste l’una contro l’altra, come se fossero due squadre in lizza della stessa categoria. E no. La prima rappresenta la terza Svizzera, la lingua e la civiltà italiane, una tessera fondamentale del mosaico elvetico; la seconda è un problema generale, che riguarda tutti, in primis i partiti e le istituzioni con i loro meccanismi di promozione o discriminazione della componente femminile. L’impressione, insomma, è che si voglia moltiplicare i criteri per accedere all’elezione. Prima il cantone d’origine, poi il partito, l’orientamento ideologico, la lingua, la religione e ora il genere. Di questo passo il «candidato ideale» non potrà che assomigliare ad un automa costruito in laboratorio, un androide da scomporre e ricomporre in base alle esigenze contingenti. Del vero criterio che conta, la competenza, si parla raramente.
E veniamo ad Ignazio Cassis, il candidato che ha avuto la sfortuna di affacciarsi proprio nei giorni in cui i media diffondevano i primi annunci, come sempre allarmanti, sui previsti aumenti dell’assicurazione malattia. Di qui la levata di scudi contro il medico-politico, stipendiato dall’associazione Curafutura. In altre parole, un deputato-lobbista (ma non è l’unico sui banchi delle Camere...).
Tutto questo è grave? Faremmo torto a Cassis, e alla sua intelligenza (che ha pur sempre alle spalle impegnativi studi di medicina), se lo rinchiudessero in questa gabbia d’interessi. Fin qui ha esercitato questo mestiere, ma nella nuova compagine farà altro. Non è il primo caso, non sarà l’ultimo. Non crediamo che coltivi segretamente l’ambizione di ricoprire la carica di Alain Berset, l’attuale responsabile del Dipartimento dell’Interno, e quindi della sanità pubblica.
È vero: l’aumento dei costi del sistema sanitario è fonte di tachicardie. Nessuno sa come invertire la tendenza. Ma non è Cassis il responsabile dell’esplosione dei costi. Come ognun sa le cause di questa deriva sono molteplici: l’invecchiamento della popolazione, che richiede cure continue; la produzione farmacologica; una diagnostica sempre più raffinata, svolta con l’ausilio di tecnologie sofisticate, le terapie ecc. Chi ha la sventura di varcare la soglia di un ospedale come paziente capisce quanto complessa sia e perciò onerosa la macchina sanitaria odierna.
Le aspettative sono elevate, probabilmente troppo. Cassis non avrà vita facile con il suo cantone d’origine, il quale si aspetta un soccorso diretto, una voce che difenda i suoi interessi e le sue rivendicazioni nel consesso federale. Qui si nasconde la trappola peggiore, perché il Consigliere federale non è un delegato di un cantone o di una regione linguistica, ma il magistrato di tutti. Il rischio è che il fardello delle domande (impastate anche di frustrazioni e malumori) si ribalti tutto sulle spalle dell’eletto, che ovviamente non potrà soddisfare senza tradire la sua funzione.
Un’ultima osservazione: sono pochi i politici svizzeri che possono vantare un irradiamento nazionale, con la sola eccezione dei presidenti delle principali famiglie partitiche. I più rimangono nell’ombra, sconosciuti al vasto pubblico fino all’assunzione della carica; alcuni, addirittura, non raggiungeranno nemmeno questo grado di notorietà. Fanno velo la struttura federalistica del paese, gli ostacoli linguistici, un sistema elettivo ancora basato sulla spartizione preventiva. Ma forse tutto questo non è così negativo, considerato quanto avviene all’estero con l’estrema personalizzazione dello scontro politico.