Clicca qui se vuoi conoscere la mia storia

/ 03.09.2018
di Natascha Fioretti

Roma, ultima domenica di agosto. Sono le 10.00 del mattino e in una zona piuttosto centrale, in via Massacciuccoli, nel Quartiere Trieste, sono alla disperata ricerca di un’edicola aperta. Vorrei tanto prendere i miei amati domenicali ma è tutto chiuso. E dire che già in autostrada ho fatto un tentativo ma sapete qual è la novità? Negli Autogrill non si vendono più i giornali. Trovo sia una cosa pazzesca perché per me l’Autogrill ha sempre avuto un’importanza per i giornali e per il caffè. La signora alla cassa mi dice che la modalità dei resi – i giornali rimasti invenduti che tornano all’editore – è diventata troppo complicata e onerosa e visto il calo delle vendite non conviene più.

A causa della crisi dei giornali e dell’editoria negli ultimi quindici anni in Italia hanno chiuso più di 13mila edicole. Diverse di queste a Roma, in più siamo ad agosto. Ma io sono testarda e non mollo. Mi sposto per un appuntamento nel quartiere Tuscolano e riprendo la ricerca. Non ho fortuna fino a quando, finalmente, incontro un signore anziano con in mano i giornali «Buongiorno, mi scusi, dove li ha presi?» e mi dice di andare avanti dritta, svoltare la prima a destra e trovo l’edicola sulla sinistra. Mi dice però di correre perché è quasi mezzogiorno e l’edicolante chiude presto. Corro velocissima, come si può correre in una torrida domenica di agosto e a piedi scalzi, ma non vedo l’edicola. Chiedo nuovamente informazioni e mi indicano una pianta, una sorta di edera rampicante nel mezzo della quale ora intravedo un’insegna. Finalmente ho in mano i miei giornali! E mentre prendo il resto racconto alla giornalaia le mie disavventure e la fortuna di avere incontrato il signore d’età con i giornali sottobraccio. «Gli anziani del quartiere sono la mia fortuna ormai se non li prendono loro i giornali non li compra più nessuno».

Che tristezza penso, dove va a finire un Paese che non legge più i giornali? In auto parlandone con la mia amica mi sento dire «ma se non c’erano edicole aperte potevi andare in Internet, non facevi prima?». Non ho l’abbonamento e poi quella di comprare il giornale la domenica è un’abitudine da sempre. Dopo qualche ora di viaggio con i giornali sul sedile rientro alla base. Devo inviare delle foto pesanti ad un giornale e apro WeTransfer per fare l’invio. Avete presente le pagine di WeTransfer, tutte colorate dai layout mutevoli ispirati ad opere d’arte o graphic design, delle sorte di cartelloni digitali? Mentre faccio l’upload dei file mi appare l’immagine di una donna di colore con un vestito tutto leopardato, sembrava una cantante rock, che diceva una cosa del tipo «se vuoi conoscere la mia storia clicca qui». Ero presa dalle mie foto, in quel momento non le ho dato retta ma l’immagine mi è rimasta impressa.

Più avanti ho fatto qualche ricerca e ho scoperto una cosa molto interessante: WeTransfer, fondata nel 2009, azienda leader nella condivisione di file, a gennaio di quest’anno ha lanciato WePresent un progetto editoriale per artisti e creativi che racconta progetti e storie. WePresent è una realtà in crescita che non si limita a narrazioni di realtà già esistenti ma propone anche progetti inediti, elaborati ad hoc per il sito. L’idea è che WePresent sia un luogo di condivisione e storytelling in cui le persone possano venire a conoscenza di storie inedite ma anche trarre ispirazione per sviluppare i propri progetti creativi. Tutto questo con un bacino virtuale di utenti illimitato. Ad esempio su WePresent potete ammirare la mostra fotografica digitale di Ryan McGinley, importante fotografo ritrattista e filmmaker statunitense, curata da Kathy Ryan, direttrice fotografica del «New York Time Magazine».

Vi sarete accorti, ho messo a confronto due universi che, per ora, viaggiano ancora paralleli con le loro dinamiche, i loro pregi e le loro comodità. Un domani chissà. Insomma fa pensare: giri una città e non trovi un giornale vai in Rete per condividere dei file e incontri casualmente delle storie.

È il XXI secolo bellezza!