Da qualche tempo a Camorino c’è un nuovo caffè. A metà tra lo stile moderno e quello vintage, il Mima Tea Room è diventato il nuovo centro del paese. Sarà perché a gestirlo sono tre donne, sarà perché oltre al pane fresco c’è un’ampia scelta di deliziose torte fatte in casa, sarà perché è un locale raccolto e accogliente, qui nell’arco di tutta la giornata si incontra la gente del posto. Alla sera a fare l’aperitivo arrivano anche i giovani, al mattino ci sono le mamme e le nonne con i passeggini o chi fa un salto prima di andare al lavoro. Lo avrete già capito: per me che abito a pochi passi di distanza è diventato una sorta di secondo ufficio. C’è il Wi-fi e posso portare anche Coffee, il mio cane, coccolata da tutti. In una delle mie mattine qui al Mima ho ascoltato tre signore parlare dei loro lavori a maglia tra un biscotto natalizio e un thè. La prima lavora per un’associazione che aiuta le persone anziane, la seconda racconta dei suoi ultimi lavori fatti a mano, delle stoffe e dei colori, la terza propone di fare un mercatino, ora sotto Natale sarebbe il periodo giusto, per poi donare il ricavato all’associazione. Proprio come ai vecchi tempi, ho pensato, mentre ascoltandole con la tastiera del mio computer continuavo a scrivere la rubrica di oggi. Se hanno il tocco e l’atmosfera giusta, se offrono uno spazio nel quale le persone si sentono accolte, i caffè rimangono un punto di incontro e di scambio umano fondamentale anche nell’era digitale. Anzi, oggi acquistano maggiore importanza perché sono uno dei pochi spazi eletti alla condivisione e alla partecipazione fisica. Che poi, pensandoci bene, se da un lato è vero che siamo sempre più isolati e lontani, ognuno perso nella sua nuvola fatta di bit, dall’altra i migliaia di giovani dei Fridays for Future e del movimento delle Sardine ci stanno insegnando che la realtà è molto diversa.
Quante volte abbiamo detto che i giovani sono pigri e poco attenti al mondo reale perché distratti a chattare sul telefonino o a navigare in Rete? Quante volte ci siamo detti: di questo passo dove andremo a finire? E, invece, guardiamoli questi giovani, sono incredibili. Una ricerca europea Protest for a Future: Composition, mobilization and motives of the participants in Fridays For Future climate protests on 15 March 2019 ha analizzato le dinamiche di partecipazione che nel marzo di quest’anno hanno visto scendere nelle piazze di tredici città europee e in tutto il mondo quasi due milioni di persone. La ricerca spiega la prima mobilitazione di massa nella storia in favore dell’ambiente, unica per strategia, scopo e forza di attrazione nei confronti di giovani studenti, unica anche per l’attenzione mediatica a livello internazionale. A manifestare, ci dice lo studio, sono stati in particolare i ragazzi tra i 14 e i 19 anni, con una forte predominanza di ragazze ispirate da Greta Thunberg. Il movimento di protesta ha trasformato tanti giovani studenti in attivisti cresciuti nei numeri grazie al passaparola a scuola (54%) e grazie ai social media che si sono dimostrati un potente veicolo di comunicazione e aggregazione (34,4%) mentre gli adulti si sono informati attraverso stampa, radio e TV.
«Non ci arrenderemo mai, abbiamo appena iniziato» sono state le parole della giovane attivista svedese a commento dell’ennesimo fallimento della classe politica mondiale riunitasi a Madrid. Un’esortazione che vorrei raccogliere per me stessa ed estendere a voi tutti cari lettori: non arrendiamoci! Impegniamoci ogni giorno per una società civile più giusta, inclusiva, responsabile e più informata. Insegniamo ai giovani che il giornalismo di qualità è un alleato irrinunciabile per costruire una società democratica migliore e un futuro più verde e più pulito per tutti. E, se oggi i giovani non si informano perché non si identificano con quanto il mercato offre in termini di qualità e scelta dei temi, che lo dicano, che esortino a cambiare e indichino la via da prendere. Vorrei anch’io cambiare il mondo come Greta Thunberg ma non vorrei vivere in un mondo senza giornalismo.