Tutta Europa ormai si divide tra vaccinati e non vaccinati. Molti tra i non vaccinati non hanno ancora potuto farsi immunizzare, un po’ per i ritardi – che riguardano soprattutto i giovani – un po’ perché le loro condizioni di salute non lo consentono. Ma per altri si è trattato di una scelta. A mio avviso sbagliata. La discussione sul vaccino è viziata da un grande equivoco. Il confronto non è tra chi difende la libertà e chi la nega. Il confronto è tra chi vuol essere – o si illude di poter essere – libero qui e ora, e chi vuol essere libero in modo duraturo, senza ritrovarsi a fine estate (se non prima) in questo frustrante giorno della marmotta, senza dover ricominciare da capo con i bollettini delle terapie intensive e i decreti di chiusura. Dovrebbe essere chiaro che la scelta giusta è la seconda.
Nessun Paese democratico ha imposto l’obbligo di vaccino, se non (com’era inevitabile) agli operatori sanitari. Quasi tutti i Paesi democratici, però, hanno deciso di incentivare le vaccinazioni. Il diritto al lavoro è inviolabile, quindi è impossibile legare l’ingresso sul posto di lavoro al green pass. Ci sono però lavori che si svolgono a contatto con il pubblico. Un conto è difendere la libertà di non vaccinarsi, un altro è attentare alla libertà di lavorare – o usufruire di un servizio – senza venire in contatto con una persona che ha deliberatamente scelto di non vaccinarsi.
Distinguere tra le generazioni, per arrivare a sentenziare che i giovani possono anche non immunizzarsi perché tanto non muoiono, significa non aver capito come si muove questa pandemia. Il virus resiste e muta proprio perché non è molto letale, ma è molto contagioso. L’unico modo per bloccarne o limitarne la circolazione e la mutazione è vaccinarsi tutti, o quasi tutti. Qualsiasi dato scientifico ed empirico è lì a dimostrarlo. Purtroppo non ci sono altre possibilità, se vogliamo riaprire le scuole in sicurezza, consolidare la ripresa economica, recuperare la socialità, i rapporti tra le persone, il clima di scambio e di incontro che resta di gran lunga il modo migliore di lavorare e di vivere. L’alternativa è un altro anno a singhiozzo. È richiudere le scuole e tornare alla didattica a distanza, i cui limiti appaiono chiari a insegnanti, allievi e famiglie. È ripiombare nell’incertezza sui luoghi di lavoro (perché ci sono lavori che da casa non si possono fare, o che non riescono allo stesso modo). È abituarsi definitivamente alla vita virtuale e impaurita di questi diciotto mesi: le riunioni a distanza, gli impegni cancellati all’ultimo momento, le vagonate di autocertificazioni inutili, le gomitate di saluto e tutte le altre cose di cui non vediamo l’ora di fare a meno.
I «no-vax» a oltranza sono pochi, e le loro posizioni facilmente confutabili, adesso che si è visto che i vaccini sono sicuri (tranne rarissime eccezioni che confermano la regola) e che l’unica arma seria per prevenire il Coronavirus o renderlo meno pericoloso è appunto il vaccino. Si sentono però (e si leggono nei messaggi che girano sui social) ragionamenti meno diretti ma più insidiosi. «I vaccini non danno la certezza dell’immunità». Certo, però abbattono il pericolo. «Devono vaccinarsi solo coloro che rischiano di finire in ospedale o di morire»; ma prendere questo virus è come partecipare a una tragica lotteria, nessuno può sapere in anticipo come va a finire, e se i morti sono quasi tutti (ma non tutti) anziani, i giovani si contagiano facilmente e altrettanto facilmente trasmettono il contagio, tenendo in vita il virus e consentendogli di mutare, quindi di resistere. «Non si sa come reagirà il fisico al vaccino tra qualche anno»; certo, ma qualcuno sa come tra qualche anno il fisico reagirà al virus? Non è evidente che vaccinarsi è meno pericoloso di prendere il Coronavirus?
La politica dovrebbe essere responsabile e rinunciare a vellicare gli incerti; semmai dovrebbe convincerli a vaccinarsi o almeno incentivarli a farlo. Destra e sinistra non c’entrano nulla. Davvero non abbiamo rispetto per le vittime e i loro familiari, per i tanti che hanno sofferto nel fisico e nella psiche, per coloro – compresi molti giovani – che hanno perso lavoro e opportunità? Siamo diventati narcisisti al punto da credere che una cosa non esiste fino a quando non accade a noi? O invece siamo maturati tanto da comprendere che in una pandemia ognuno porta la responsabilità della salvezza dell’altro? Come d’abitudine, però, l’Europa si muove in ordine sparso. La Francia ha scelto una linea dura che espone a gravi disagi parte della popolazione, che non è ancora vaccinata ma non sempre per propria scelta. L’Italia ha scelto una linea più morbida: tutti possono ad esempio cenare in un ristorante all’aperto; per cenare all’interno basta una sola dose di vaccino. Tuttavia i capi dei partiti di destra non sono d’accordo, ad esempio Matteo Salvini – pur avendo dichiarato di essersi vaccinato – continua a strizzare l’occhio ai «boh-Vax», come vengono definiti gli indecisi. Ad esempio dichiara di non voler «inseguire nessuno con la siringa in mano», frase a effetto che non vuol dire nulla, ma rappresenta un segnale di intesa a molti elettori. Bene ha fatto il premier Draghi a rispondergli che gli appelli a non vaccinarsi sono in realtà appelli a morire.
Chi vuol essere davvero libero
/ 02.08.2021
di Aldo Cazzullo
di Aldo Cazzullo