Mancano quattro giorni all’accensione della fiamma olimpica (le Olimpiadi invernali si svolgeranno dal 4 al 20 febbraio 2022). Eppure, dalle nostre parti, il calore del fuoco sacro giunge in modo timido e tenue. Se ne è parlato poco. La scorsa estate la marcia di avvicinamento ai Giochi estivi di Tokyo fu sottolineata da una valanga di articoli, filmati, approfondimenti, racconti, interviste, pronostici. Sin dalla primavera i nomi di Noè Ponti, di Ajla Del Ponte e degli altri ticinesi qualificati, erano sulla bocca di tutti. Sulla via di Pechino, sembra invece essere calato il silenzio.
Il Ticino sarà rappresentato da due atleti, una delle quali, Lara Gut-Behrami, andrà alla caccia dell’ennesimo riconoscimento da inserire nella sua già ricchissima bacheca. Dei Giochi si è parlato, è ovvio, ma soprattutto in relazione a eventuali atti di boicottaggio da parte di delegazioni nazionali non sintonizzate con la «politica-caterpillar» della cosiddetta Repubblica Popolare di Cina. La partecipazione degli atleti non è mai stata messa in discussione.
Siamo lontani mille miglia dai conflitti sull’asse Washington-Mosca, che avevano caratterizzato l’approccio ai giochi del 1980 e del 1984. Abbiamo semplicemente appurato che alcuni paesi non manderanno un loro ambasciatore ad assistere alla cerimonia di apertura, che si annuncia più sontuosa che mai. Sappiamo anche che la Svizzera avrebbe inviato un suo rappresentante, se ragioni sanitarie non lo avessero impedito. Punto. Stop. In confronto alle polemiche e al dibattito suscitati dall’affare Djokovic, sembra quasi una notiziola da taglio basso. Perché? Difficile trovare una risposta.
A me la tiepidità suona misteriosa. Cerco di farmene una ragione. Quelli di Pechino saranno i terzi giochi consecutivi disputati in Asia. I quarti consecutivi al di fuori dell’Europa, culla delle Olimpiadi antiche e moderne. Se pensiamo che prima di questo poker, l’ultima edizione nel vecchio continente si tenne nel 2014 a Sochi, sul mar Nero, in un clima da guerra fredda, dobbiamo tornare a Londra 2012 per ritrovare i profumi e i sapori della meravigliosa tradizione di fratellanza sportiva cominciata ad Atene nel 1896. Mi sono anche chiesto se la mondializzazione dei Giochi non abbia stemperato l’interesse e l’entusiasmo del pubblico. Cosa c’entra Pechino con la neve e con lo sci?
Recentemente Beat Feuz ha stigmatizzato il fatto che per la terza volta i Giochi invernali si svolgeranno senza l’emozionante, straripante, motivante bagno di folla. A causa del Covid, certamente, ma anche a Pyeong Chang e a Sochi, in epoca prepandemica, la partecipazione del pubblico fu piuttosto fiacca. Noi in Svizzera non abbiamo nulla su cui recriminare. In due occasioni il popolo, nella fattispecie quello grigionese, ha bocciato un’edizione dei Giochi che avrebbe potuto essere a dimensione d’uomo e, entro certi limiti, avrebbe rispettato meglio di altre i criteri di sostenibilità ambientale e finanziaria.
Nell’attesa di vedere che cosa accadrà fra quattro anni sull’asse Milano-Cortina d’Ampezzo, apprestiamoci a godere le emozioni che ci giungeranno da Pechino. La Svizzera parte con una delegazione robusta, forte. Soprattutto nello sci alpino e nelle cosiddette discipline fun. Il Ticino sarà rappresentato da una stellina emergente e da due consumate megastar. Marco Tadè, nelle gobbe, assume l’eredità di Deborah Scanzio. I risultati recenti non sono brillantissimi, ma lui, in un passato non molto lontano, ha dimostrato di poter duellare con l’élite mondiale.
Per Lara Gut-Behrami la parola d’ordine potrebbe essere semplicemente cool. Con tutto ciò che ha già vinto non ha nulla da dimostrare. Ma io non ci credo. Lara è una lucida leonessa. Dopo le meraviglie disegnate ai Mondiali dello scorso anno, sfodererà gli artigli per andare a carpire il bottino più prezioso. Il bronzo di Sochi, conquistato in discesa libera, preceduta sul podio da Tina Maze e Dominique Gisin, appaiate sul gradino più alto, trasuda prestigio e onore. Ma sono certo che il focus di Lara, nelle tre o quattro gare alle quali parteciperà, sarà sull’oro.
Oro che, per interposta persona, potrebbe gratificare anche Mauro Pini. La sua pupilla, la slovacca Petra Vlhová, pare proprio nelle migliori condizioni per brillare. Fra 15 giorni ne sapremo di più. Le storie da raccontare non mancheranno.