Un episodio recente, in un contesto provinciale peraltro solitamente ignorato dai media, è assurto agli onori delle cronache e sta godendo del suo nanosecondo di gloria sul web. Il 6 dicembre scorso, giorno dedicato a San Nicolò, a Sterzing (italice Vipiteno), che è una bella cittadina del Südtirol/Alto Adige i krampus hanno attaccato i passanti colpendoli (pare) con le loro rituali fruste fatte di frasche e (parrebbe) anche con bastoni e qualche più o meno deliberata pedata. Fin qui si tratterebbe di una non-notizia della serie «Cane morde Uomo» che il famoso direttore del «New York Sun» John Bogart (1848-1921) stigmatizzava come irrilevante mentre incitava i suoi reporter a perseguire il ben più succulento scoop «Uomo morde Cane».
In tutta l’area culturale tedesco-meridionale, ma particolarmente in Austria, e in Tirolo, i krampus (dal tedesco antico krampen, «artiglio») precedono l’arrivo nei villaggi di San Nicolò che si reca in serata a portar doni ai bambini. Il Santo è preceduto ore prima da schiere di personaggi mascherati per metà da capri deformi e per l’altra da mostruosi demoni cornuti che si scatenano contro i cosiddetti tratzer. Erano (e sono) questi i giovani del villaggio che provocano i krampus alla violenza sfidandoli a gara per rincorrerli e colpirli mentre tentano di strappare loro manciate di pelliccia o altri simili trofei della loro bravura. Si tratta, se vogliamo, di uno di quei giochi un po’ innocenti e ingenui coi quali ancora i ragazzini si divertono in certe aree periferiche del mondo globalizzato. Troppo giovani ancora per entrare nei ranghi dei selezionati ed eletti krampus, ai quali si accede secondo modalità iniziatiche esclusive, il tratzer si prepara alla sfida imbottendo le parti più esposte ai colpi, indossando scarponi antiscivolo e assicurandosi di poter battere in velocità il suo potenziale inseguitore. Il tutto sperando che la sua bravura nell’ardire lo segnalino come candidato per la promozione l’anno venturo all’altra parte del gioco. Molto spesso i due avversari si conoscono bene: fratelli, vicini di casa, parenti – o forse anche, concede l’Altropologo, partner in reciproca antipatia. Il punto è che, in un contesto «tradizionale», non solo i protagonisti sono perfettamente consapevoli della sequenza degli eventi, del gioco delle parti, dei limiti reciproci che provocazione e violenza devono rispettare per non rovinare il gioco, ma spesso si conoscono e si riconoscono: provocare, scappare, inseguire ed essere inseguiti diventa quasi un omaggio all’avversario, un segno di riconoscimento e rispetto. Facile poi immaginare i commenti dei giorni successivi da parte di un fratello maggiore che promette al minore, con una strizzatina d’occhio, che troverà il maledetto che lo ha conciato male per punirlo severamente mentre proprio il fratellino confronta e valuta con orgoglio le ferite guadagnate sul campo coi suoi coetanei. Così, almeno, nell’esperienza diretta di chi negli anni ’70 del secolo scorso ne prese di sacrosante dai krampus della Val di Fassa proprio per essere un «forestiero di riguardo». Ma quella era la violenza rituale di tante simili occasioni praticate nei termini della cultura popolare. Finì negli anni 6o – credo ma salvo recrudescenze che certo saranno assai più discutibili – l’uso che vedeva i ragazzini di Bologna colpire con certi ridicoli randelli di plastica le loro Preferite sperando segretamente di essere riconosciuti sotto la maschera così come la Bella sperava segretamente che il suo preferito corresse a colpirla con una bella legnata davanti alle sue compagne. Pratiche che oggi fanno inorridire e mobilitano una (sacrosanta?) political correctness. Il 6 dicembre scorso, a Vipiteno, quello che si è voluto apposta dipingere provocatoriamente come idilliaco scenario da presepe è andato storto. Non solo i krampus hanno picchiato i tratzer secondo mandato, ma c’è andata di mezzo anche una Signora – persona evidentemente o non informata dei fatti oppure di passaggio come turista nel qual caso incompetente che è stata travolta dalla foga agonistica del krampus di turno nel cercare di difendere un tratzer a terra. Poi ci si è messo l’ormai ubiquito videofonino: la frittata è stata fatta. Nell’ormai canonico dibattito democratico di base che non va oltre «I like – I do not like» che è seguito, si è assistito a un avvilente «si-no-però-invece-comunque» dove l’ultimo ad essere interpellato era il buon senso antropologico che permettesse di capire come e perché i fatti fossero andati così e così fossero stati capiti.
La ciliegina? Uno scoraggiante commento che aizza alla cliccata virale sul video in questione titola: «In pratica i krampus colpiscono i passanti, anche quelli di colore, con bastoni e fruste». Feroce domanda altropologica: sarebbe forse stato meno discriminante se i «passanti» di colore fossero stati risparmiati? Ovvero: chi ha morso chi a Sterzing/Vipiteno il 6 dicembre 2019?