Chi è sepolto nella tomba di Custer?

/ 21.10.2019
di Cesare Poppi

Alcuni personaggi sono passati alla storia più per i loro spettacolari fallimenti che non per le loro virtù. In quanto tali sembrano suscitare una sorta di simpatia a livello della cultura popolare sempre pronta a schierarsi con gli sconfitti anche quando risulta palese che gli stessi furono i principali fautori della propria disfatta. Chi fra i lettori dell’Altropologo non conosce la vicenda del Generale Custer e del suo Settimo Cavalleria?

Nel 1876 l’esercito americano aveva deciso di porre fine alla testarda resistenza di tre irriducibili bande di nativi americani. Gli Sioux Dakota, i Cheyenne Settentrionali e gli Arapaho si rifiutavano di essere rinchiusi nelle riserve e vagavano senza meta apparente per sottrarsi alla caccia delle truppe determinate a ridurli alla ragione – per così dire, s’intende. Gli Ostili, come erano chiamati, venivano segnalati nell’area del fiume Yellowstone oggi compresa fra il Montana meridionale e il Wyoming del Nord. Non sapendo di preciso dove fossero, il generale Terry che comandava una delle colonne di una sorta di tridente pronto a convergere sui ribelli, comandò a Custer di distaccarsi dal grosso della spedizione per andare in ricognizione lungo i corsi superiori del Rosebud e del Tullock Creek. Era il 22 giugno del 1876: il piano era di ricongiungersi al resto della colonna al fiume Little Bighorn.

La mattina del 25 giugno, avvistato il campo degli Ostili, il Generale Custer decise di attaccare. Perché lo abbia fatto senza attendere il supporto del grosso della spedizione è materia di dibattito fra gli storici. Noto per essere una testa calda, Custer univa un indubbio coraggio all’ambizione – e forse all’antipatia per i suoi pari di grado ai quali peraltro si trovava per l’occasione subordinato. Fatto sta che commise un errore tattico fatale. Divise le sue forze, un totale di 700 uomini, in tre battaglioni, ne mandò uno ad esplorare la riva sinistra del fiume al comando del Capitano Frederick Banteen; al Maggiore Marcus Reno fu assegnato il compito di attraversare il fiume a caricare direttamente il villaggio. Custer prese poi il comando del terzo battaglione e risalì la riva destra del fiume con l’intenzione di colpire gli Ostili sul fianco. Nonostante la sorpresa, gli indiani seppero organizzare il contrattacco e ben presto le truppe di Reno furono sbaragliate. A malapena i superstiti riuscirono ad attestarsi sulle alture ad Est del fiume. Qui furono raggiunte dalle truppe del Capitano Banteen. Una volta messo in scacco il grosso degli aggressori, gli Indiani – ben organizzati e meglio motivati da capi storici come Cavallo Pazzo e Toro Seduto – poterono ora occuparsi del terzo contingente. Custer si trovò circondato dal carosello di guerrieri al galoppo celebrato in una miriade di film e ben presto cinque delle dodici compagnie del Settimo Cavalleria furono annientate. In un totale di 274 morti e 55 feriti caddero anche due suoi fratelli, un nipote e pure suo cognato. Dalle colline sovrastanti il villaggio le forze restanti si difesero dagli assalti degli Ostili per tutto il giorno seguente. Poi gli indiani levarono le tende e, come loro leggendario costume, sparirono nel nulla. Il 27 giugno il grosso della colonna entrava nel campo abbandonato per scoprire i cadaveri di Custer e dei suoi.

La fama del Generale Custer è largamente dovuta all’opera di Libbie Custer, la sua vedova. Fu lei che, nei mesi successivi al disastro e nel pieno di una battaglia mediatica – e politica – sull’operato del marito, orchestrò un’abile campagna di PR (certo più tatticamente accorta di quelle del consorte) che presto trasformò un capolavoro di patente incompetenza militare in un gesto di eroismo destinato a durare nei secoli. Il primo atto fu quello di ottenere al marito una sepoltura degna di un eroe: il 10 ottobre 1877, l’anno dopo il massacro, i resti di Custer furono trasportati con una barca a vapore alla U.S. Military Academy’s Post Cemetery a West Point (NY) e qui inumati con rito solenne ed onori militari. Ben presto però, sentite le testimonianze dei sopravvissuti, cominciò a circolare la voce che in realtà le ossa contenute nel feretro non fossero quelle del Generale. I caduti di Little Big Horn erano stati infatti sepolti in fretta e furia in una fossa comune sul posto. I loro resti furono riesumati senza tante cerimonie nel 1940 per raccoglierli in un cimitero degno costruito sul luogo della battaglia sotto la targa «Agli anonimi caduti dell’US Army». Fra questi resti – pare – potrebbero con buona probabilità esserci anche quelli di Custer.

Così come si evince da un dettagliato studio di antropologia forense pubblicato dieci anni fa, sembra dunque del tutto plausibile che, fra le gesta del Generale fra i più noti della storia, si debba ora annoverare anche il fatto che Egli non fu presente al suo funerale. Requiescat.