Ancora non è chiaro se il «partygate», lo scandalo delle feste a Downing street durante il lockdown del 2020 e del 2021, è l’ultimo atto del Governo di Boris Johnson o il passaggio a un’altra fase di sopravvivenza. Sue Gray, la funzionaria che ha condotto l’inchiesta sul «partygate», ha pubblicato il rapporto finale, nel quale evidenzia «il fallimento della leadership» di Johnson, la violazione degli «standard alti» richiesti a chi guida un Paese e il clima nell’ufficio del premier, dove contraddire il capo è difficile perché si temono rappresaglie.
Dal punto di vista dell’etica di Governo l’esito è inappellabile: Johnson avrebbe dovuto evitare e scoraggiare le feste, non l’ha fatto e la sua credibilità ne esce molto ridimensionata (va detto che non è per la sua credibilità che è stato votato e messo a capo del Governo, la sua natura inaffidabile è nota da sempre, ma è stato comunque scelto dagli elettori nel 2019). Gray però ha potuto prendere in considerazione nella sua inchiesta soltanto una parte delle tante feste (una quindicina) che si sono tenute a Downing Street perché le altre sono al vaglio di un’altra inchiesta condotta dalla polizia di Scotland Yard. Quest’ultima era stata coinvolta all’inizio del «partygate» ma aveva dichiarato che non c’era nulla di rilevante, per quel che riguardava le sue competenze, nell’inchiesta, che infatti era passata a Gray, una civil servant.
Poi però la polizia è rientrata, prendendosi in carico l’indagine su molti festini (300 foto da valutare, 500 pagine di documenti), ottenendo in realtà l’effetto opposto a quello desiderato: ha perso credibilità perché è sembrata poco indipendente, e nell’insistente chiacchiericcio da fine di un’epoca si parla anche della sostituzione della capa di Scotland Yard, Cressida Dick. Johnson aspetta di capire il suo destino combattendo. Ai Comuni ha detto che non ha alcuna intenzione di andarsene, che il report di Gray ha dato un segnale chiaro che è stato compreso. «I get it and I’ll fix it», ha detto il premier, proponendo come aggiustamento una riforma organizzativa del suo staff.
Intanto il Labour non perde la presa e continua a chiedere le dimissioni di Johnson come sanzione per la sua «vergogna morale», come l’ha definita Keir Starmer, leader laburista. Ma sono i Tory stessi, compagni di partito che hanno finora beneficiato della popolarità di Johnson, a segnarne il destino. Ogni giorno un nuovo parlamentare conservatore decide di sganciarsi e di essere pronto a mandare una lettera di sfiducia nei confronti di Johnson. Per aprire la procedura ne servono 54. Ora pare che si sia lontani dalla soglia, ma i colpi di scena sono dietro la porta, li orchestra Dominic Cummings, ex consigliere di Johnson vendicativo e meticoloso, nonché gran maestro di colpi di scena spettacolari, la vittoria della Brexit soprattutto.
Dove porterà questa «congiura»? L’esito più dibattuto riguarda il cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak, considerato il più papabile dei sostituti del premier, in particolare perché, in questa crisi cosiddetta morale, lui rappresenta una leadership antitetica, fatta di ordine, di rispetto delle regole, di compostezza, di numeri e di piani strategici. Questa sua caratterizzazione è la sua forza e al contempo la sua debolezza, perché al bravo e giovane ragazzo Sunak forse manca il guizzo per sapersela prendere la leadership, ed esercitarla. Un altro nome è quello della ministra degli Esteri, Liz Truss, donna determinata e abile, che ha un buon sostegno in Parlamento ma è meno solida nella base del partito. Base i cui umori in realtà nessuno è ancora riuscito a intercettare, perché le divisioni al livello più alto dei Tory precipitano verso il basso in modo confuso: si registra solo una grande insofferenza e pochi in grado di indirizzarla. Mentre si formano tante «bolle» nel partito, quella di Sunak, quella di Truss, ma anche quella attorno alla ministra dell’Interno Priti Patel e all’ex ministro della Salute Matt Hancock, alcuni dicono che in questo momento è importante decifrare le mosse e la strategia di Theresa May. L’ex premier ha tenuto un discorso bello e brutale contro Johnson ai Comuni e per quanto non sia riuscita a trovare un equilibrio tra i suoi quando gestiva la Brexit come capa del Governo, oggi ha un peso specifico non indifferente nei Tory. È una che ha perso molte battaglie e molti consensi ma non la credibilità.
Chi affosserà Boris Johnson?
/ 07.02.2022
di Paola Peduzzi
di Paola Peduzzi