Che soddisfazione questo minestrone

/ 02.05.2017
di Paolo Di Stefano

È andato in scena il primo salone milanese dell’editoria: «Tempo di Libri» (3+). Cinque giorni annunciati come il Grande Riscatto di Milano, la capitale dell’industria culturale italiana, contro la fiera torinese che impera (o arranca) da trent’anni tra trionfi (ideali) e tonfi (economici). Milano vs. Torino. La polemica che ha infiammato le pagine culturali estate-autunno-inverno ha avuto il suo esito nei giorni tra Pasqua e la festa della Liberazione: fallimentare o quasi. 60 mila visitatori tra mercoledì e domenica, neanche quanto l’affluenza allo stadio Meazza per un derby di metà classifica. Gli organizzatori ne prevedevano molti di più, almeno il doppio, come quelli dell’ultima edizione del Salone di Torino. Invece, è andata male, anche se tutti si dicono «soddisfatti»: «soddisfatto» il sindaco Beppe Sala, «soddisfatto» il presidente degli editori Federico Motta, «soddisfatta» la presidente dell’ente organizzativo Renata Gorgani… Come dopo una sconfitta (onorevole) in campionato o nelle elezioni politiche, tutti si dichiarano «soddisfatti», soprattutto i perdenti. «Che soddisfazione, questo minestrone…» è una bella canzone di Paolo Conte (5+).

Si dirà: ma in fondo, cosa importa? Perché giudicare dai numeri una manifestazione editoriale? Giustissimo. Liberiamoci dal ricatto dei numeri e andiamo a valutare la qualità, il bilancio culturale, l’unico che conta davvero, magari quello diffuso nel sito internet di «Tempo di Libri» al termine della cinque giorni.

Eccolo: «Abbiamo ballato insieme a Gabbani, abbiamo visto Filippo Timi andare su un triciclo e ascoltato il Maestro Beppe Vessicchio raccontare di quando gli Elio e le storie tese gli organizzarono un incontro a sorpresa con degli attori porno. Abbiamo ascoltato le lezioni di vita dello chef Cannavacciuolo, ascoltato le parole di Sepulveda… e poi all’improvviso… è domenica sera. Ma come di già?». Di già. Peccato davvero. Abbiamo capito bene? Sì, abbiamo capito bene. Il bilancio della manifestazione milanese dedicata al libro e all’editoria, in tutta evidenza nel sito ufficiale, è proprio questo (1+ d’incoraggiamento): avete visto ballare il vincitore dell’ultimo Festival di Sanremo, avete ammirato un (bravo) attore pedalare su due ruote, avete ascoltato gli aneddoti di un musicista e arrangiatore, avete appreso la filosofia gastronomica di uno cuoco stellato… Incredibile ma vero. E il libro? E la letteratura? Ah già, se vi è avanzato tempo c’era pure la possibilità di ascoltare uno scrittore, un certo Sepulveda…

Ovviamente è già stata garantita la seconda edizione (6 a prescindere): «Studieremo meglio le date», ha detto, soddisfatto, il sindaco, senza minimamente accennare alla qualità dell’offerta. Dunque, nella seconda edizione avremo: Cannavacciuolo in triciclo, il barbuto Maestro Vessicchio che balla, il cantante Gabbani che dà lezioni di vita, Timi che gioca a calcio… L’importante sarà azzeccare le date giuste, per avere duecentomila visitatori! E sarà un trionfo.

Quest’anno, l’idea (geniale) che reggeva il tutto era l’alfabeto: A come Jane Austen, G come Giro d’Italia, T come Totò… L’anno prossimo toccherà ai numeri? 1 come «Uno nessuno centomila» o «Uno Mattina» (fa lo stesso), 2 come le gemelle Kessler o i fratelli Grimm, 3 come i porcellini dei fratelli Grimm, 4 come i Ricchi e Poveri o come le gambe totali delle due gemelle Kessler, 5 come le Cinque Terre o come le Cinque Giornate di Milano o come il Cinque Maggio, 6 come Sei bellissima di Loredana Bertè eccetera.

Il gigante berlusconiano Mondadori – che oltre a essere padrone della Mondadori detiene Einaudi, Electa, Rizzoli, Bur, Fabbri, Sperling & Kupfer, Piemme, EL, Frassinelli, Le Monnier – probabilmente sarà felicissimo della seconda edizione di «Tempo di Libri», di certo sarà soddisfatto.

O forse a Milano è tempo di Moda, di Design, di «Food» (non dite cucina, per carità!), ma semplicemente non è tempo di libri se pur di non parlare di libri, alla fiera del libro, bisogna ricorrere ai cantanti, ai cuochi, ai musicisti, agli attori che ballano, saltano, pattinano, pedalano… Cioè fanno tutto tranne che scrivere libri, anche perché pur avendo il proprio nome in copertina, spesso e volentieri i cuochi e gli attori i libri se li fanno scrivere da ghostwriter («scrittori fantasma») ben pagati per l’occasione. Fatto sta che mai si è sentito parlare di un fallimento alla Settimana della Moda, del Design o del Food… Sempre affluenze record e fuori-saloni affollati in qualsivoglia «location» (non dite luogo, per carità!, a Milano si dice «lochèscion»).

A proposito, a «Milano Food City» (non dite città, per carità!), la fiera del mangiare e del bere che si terrà dall’8 all’11 maggio, non si prevedono saltimbanchi, cantanti, ballerini né, tanto meno, scrittori: soltanto cuochi, e si parlerà solo di cibo. Sarà una cosa seria (6 di stima).