«La bellezza non è nelle cose ma nei nostri cuori». Con queste straordinarie parole, accompagnate da un largo sorriso, una bimba di quinta elementare ha concluso un ciclo di incontri svolti l’anno scorso nelle scuole comunali di Lugano. Accompagnando un gruppo di maestri in un progetto di filosofia con i bambini, ho condiviso con loro momenti di bellezza, perché la bellezza, fin dalle origini, è nutrimento del pensiero filosofico. Nel Fedro Platone ne offre uno splendido affresco attorno a cui si apre tutta la riflessione sul senso dell’esistenza. La bellezza di un corpo, scrive il filosofo, suscita amore. E amore, Eros, che è brutto ma cerca la bellezza, fa spuntare le ali alle anime nel ricordo di una bellezza più grande, altrove conosciuta. Nella visione platonica è l’unica realtà ideale che si mostra nel mondo sensibile e, attraverso amore, si rivela fonte di una trasformazione.
Questo significato della bellezza come promessa di trasformazione ha attraversato tutta la civiltà occidentale. Kalòs kai agathòs, bello e buono, era per i Greci il titolo concesso alle persone di valore. Fin dalle origini il bello appare intrecciato al bene, a orientare l’esperienza etica, che è sempre un invito ad andare oltre, a trascendere i limiti dell’esistenza.
Kalòs, bello, è riconducibile anche al significato di chiamare a sé: la bellezza ci chiama, verso un orizzonte ideale sempre possibile. Proprio come capita alla bellezza delle opere d’arte che non affiora tanto in ciò che mostrano quanto piuttosto in ciò cui alludono, rendendo visibile l’invisibile.
Anche nel pensiero di Aristotele è un tema centrale: c’è una bellezza intrinseca alla natura che si offre a noi nell’esperienza grandiosa della contemplazione. Non bisogna provare disprezzo per piccoli esseri disgustosi, sostiene Aristotele, perché in ogni essere vivente c’è qualcosa di meraviglioso.
Quelle semplici parole pronunciate dalla bambina si rivelano dense di filosofia perché della bellezza sanno cogliere tutta l’essenza. È proprio vero che la filosofia è negli occhi dei bambini, nelle loro domande e nella profondità delle loro percezioni non ancora troppo offuscate dalla visibilità accecante di tante risposte tranquillizzanti, sempre pronte a spegnere lo sguardo.
La nostra piccola filosofa ha colto una grande quanto difficile verità. Quella bellezza che ha sentito nel cuore l’ha accompagnata fino alla sorgente delle sue emozioni e dei suoi sentimenti.
A partire da cose belle ha incontrato sé stessa. Alla piccola è accaduto proprio quello che ritroviamo nelle parole di Kant: la bellezza è in noi, perché in noi tutti abita il sentimento del bello, un sentimento estetico disinteressato, un sentimento di gratuità che sa riconoscere in modo immediato armonia e libertà in ciò che appare bello, come in un gioco di intima adesione tra il nostro mondo interiore e ciò che ci circonda.
Questo sentimento va però coltivato. Troppo spesso infatti questa bellezza, che nutre il senso della vita e il suo valore, sembra nascondersi, e a volte perdersi, nelle mille cose belle esposte nelle vetrine del nostro vivere. Ed esibite sui nostri volti e sui nostri corpi: una bellezza senza profondità, senza alcuna possibilità di accogliere l’invito di Eros a incontrare l’anima.
Questo sentimento va coltivato anche perché troppo spesso appare minacciato dal sospetto che non sia bello ciò che è bello ma che sia bello ciò che piace.
È il relativismo del disincanto che ci tiene alla superficie del nostro vivere, senza permetterci di capire che il sentimento del bello non parla di cose piacevoli o di gusti personali, ma di una disposizione dell’animo che ci accomuna tutti, al di là di ogni piacere individuale.
Anche se è difficile darle parole, quando la sperimentiamo nel nostro mondo interiore, come è accaduto alla bambina ascoltando il suo cuore, sentiamo che è qualcosa che ci accomuna, pur nelle scelte sempre soggettive; qualcosa che parla della nostra umanità nell’incontrare il mondo e nel cercare di viverlo bene.
Ma questa esperienza bisogna educarla, farla sbocciare e andare a cercarla dentro di noi, senza restare imprigionati nelle mille seduzioni di un bello esteriore sempre più mercificato.
Educarsi alla bellezza è davvero il progetto etico di un incontro intimo e personale con l’armonia e la libertà, per imparare a desiderare e a scegliere pensieri, parole e gesti belli.
La filosofa Simone Weil ci ha consegnato riflessioni acutissime sul significato etico del sentimento del bello: una disposizione provvidenziale grazie alla quale la verità e la giustizia, non ancora riconosciute, richiamano la nostra attenzione. Il che significa che non è possibile concepire il bene se non passando per il bello.
Bellezza, amore e trasformazione
/ 06.07.2020
di Lina Bertola
di Lina Bertola