Barcollando tra fine e inizio anno

/ 11.01.2021
di Ovidio Biffi

Come sempre, e come già ho avuto modo di spiegare, ogni fine dicembre passo in veloce rassegna gli appunti di una cartella del computer battezzata «Scartafazz», in cui durante l’anno quasi quotidianamente «archivio» (più che altro dei copia-incolla digitali) quanto trovo sul web o sui social media, uno sfarfallio di scritti, immagini e messaggi utili per capire, ricordare o seguire tematiche, vicende o dibattiti. Ho così ritrovato anche l’illusione di vederle riunite non in un articolo (ci vorrebbero due o tre paginate) ma addirittura in una pubblicazione, pur sapendo di non avere né talento né forza né mezzi per una simile impresa. A suggerirmi la missione impossibile quest’anno c’erano anche alcuni libri della mia biblioteca salvati dalla disintegrazione (centinaia di testi destinati alle bancarelle di un ente benefico, «Tutto a 1 euro», l’epitaffio per quelli che sono stati miei tesori). Il salvataggio si è infatti esteso anche ad alcuni libricini praticamente introvabili. Difficile che qualcuno conosca o conservi L’elogio del cretino affettuoso di Luigi Compagnone, oppure O pio pellicano di Fulco Pratesi. Men che meno due libretti di Carlo Ferrario (Alfabeto comasco e Urbietorbi), le raccolte di aforismi di Carlo Liberto, il saggio I vecchi invisibili di Valentino Bompiani, I giochi dei grandi di Giampaolo Dossena o il minuscolo (8 x 4 cm) Mi chiamo Indro, ovviamente di Montanelli. Sono quasi tutti fuori commercio, alcuni recano dediche lasciate dagli autori che collaboravano o mi visitavano quando ero all’«Azione». Messi insieme stanno in una mano, tanto sono piccoli. E potrebbero essere definiti libri bonsai. Ecco, ogni fine anno la mia illusione era quella di inventare un «bonsai» cartaceo.

La cartella «Scartafazz 2020» era zeppa di ricordi di un anno che per molti di noi è stato il più triste, forse anche il più brutto degli ultimi decenni. Inevitabile, vista la ripetitività delle argomentazioni ritrovate, che il sogno di un libricino si spegnesse anche stavolta, non però la speranza di salvare dall’oblio qualcuno dei messaggi messi da parte.

Per questo provo a cercare rifugio in questi spazi confidando che la bonarietà del redattore capo tolleri come prima rubrica una manciata di reperti archiviati, un «bonsai» fiorito di battute e pensieri incontrati durante gli ultimi dodici mesi. Avrei voluto iniziare soffermandomi su un tuitt che, chi conosce la mia stazza, avrebbe potuto pensare che fosse mio e non ripreso @Jonathan Bazzi: «Tutti d’accordo che 80 grammi di pasta sono quelli che assaggiamo mentre è in cottura?». Mi oriento invece su appunti più emblematici di quanto siamo stati costretti a subire con la pandemia, sperando che aiutino a sopportare quanto ancora dovremo affrontare. Il primo è un severissimo monito della pianista portoghese, Maria João Pires, che in ottobre aveva in programma un concerto a Lugano: «Siamo stupidi e quindi andremo verso il disastro. Abbiamo lasciato che certa gente ci governasse. Tutti si lamentano, però nessuno fa niente. La forza di fare rivoluzioni che avevamo in passato è sparita. Abbiamo paura del virus e questo in certi Paesi è perfetto per chi detiene il potere». Una fotografia in alta definizione del 2020 rimane quella dell’incipit del romanzo di Charles Dickens Le due città, scritto nel 1859: «Era il migliore di tutti i tempi, era il peggiore di tutti i tempi, era il secolo della saggezza, era il secolo della stoltizia, era l’epoca della fede, era l’epoca dell’incredulità, era la stagione della Luce, era la stagione delle tenebre, era la primavera della speranza, era l’inverno della disperazione».

Ma basta virus. Ancora su Twitter trovo questa magnifica confessione riguardo al telelavoro: «Ho raccontato la mia idea e il capo mi ha detto: “Vedi, Eugenio, tu hai il singolare talento per rendere difficile il facile attraverso l’inutile”» (Eugenio R. Ventimiglia). Un appassionato di meteorologia (Marco P.) in agosto ha invece inviato a Meteo svizzera questo singolare commento: «Buongiorno, lo sapevate che anagrammando «VIOLENTA TEMPESTA» si ottiene «VENTO, LAMPI, SAETTE»? Cordiali saluti». Per un altro tipo di pioggia, quello degli aiuti inventati dal governo italiano, tra gli «Scartafazz» ho invece archiviato questa mia battuta sempre di attualità: «L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro, ma anche sui bonus». Invece seguendo il dibattito sulla millantata obiettività dei media su un blog francese ho captato questo fulminante giudizio di Jean-Luc Godard: «L’objectivité, c’est 5 minutes pour les juifs et 5 minutes pour Hitler». Concludo con un aforisma di G.B. Shaw: «Sia gli ottimisti che i pessimisti danno il loro apporto alla società, l’ottimista inventando gli aerei, il pessimista i paracadute». Mi suggerisce una parafrasi che spero possa tornare utile per tutti noi: «Sia gli ottimisti che i pessimisti danno il loro apporto alla società, l’ottimista facendosi vaccinare, il pessimista rifiutando». Auguri.