Audita tremendi

/ 20.09.2021
di Cesare Poppi

«Avendo udito la notizia del tremendo giudizio divino con cui la mano del Signore si è abbattuta sulla terra di Gerusalemme...»: così iniziava la Bolla del Papa Gregorio VIII che il 29 ottobre del 1187 chiamava la cristianità a mobilitarsi per una terza crociata – la stessa che avrebbe visto in prima fila Riccardo Cuor di Leone, Filippo II di Francia e Federico Barbarossa. La Bolla era in risposta all’arrivo a Roma della notizia della disastrosa sconfitta subita dai Crociati alla Battaglia di Hattin del 4 luglio dello stesso anno per mano di un trionfante Al-Nasir Salah al-Din Yusuf ibn Ayyub che chiameremo Saladino. Annientato in buona sostanza l’esercito degli alleati, la strada era spianata per la conquista di una Gerusalemme lasciata ampiamente sguarnita. Il Re di Gerusalemme, Guy de Lusignan, era prigioniero del Saladino assieme al fior fiore dello stato maggiore crociato in attesa che si definisse la situazione sul campo e si cominciassero a negoziare i riscatti.

La patata bollente della difesa estrema della Città Santa era dunque passata a Balian di Ibelin, re di Tiro, il più alto in rango fra i sopravvissuti. L’arrivo in città dei rinforzi guidati da Conrad di Montferrat faceva sperare a Balian di poter ancora passare al contrattacco a partire da Tiro: Gerusalemme era perduta, ma lui intendeva giocare le ultime carte per garantire a sua moglie – la regina Anna Comnena, della casa imperiale di Bisanzio, ed ai suoi quattro figli un salvacondotto per lasciare Gerusalemme con tutta la sua corte. Saladino – da quel personaggio cavalleresco che sarebbe diventato nella tradizione popolare – concesse a Balian, sotto giuramento da cavaliere, che potesse andare a prendersi la famiglia senza però levare le armi contro i musulmani e senza restare a Gerusalemme per più di una giornata. Arrivato a Gerusalemme, fu accolto da liberatore dal patriarca Heraclius e dalla regina Sibylla, moglie dell’imprigionato Guy: Balian fu acclamato salvator patriae e prontamente sollevato dal giuramento fatto al Saladino con benedizione patriarcale. Mandò quindi una delegazione al Saladino spiegando la sua nuova risoluzione. Questi non fece una piega: vistosi rifiutata la proposta di soluzione negoziata per la resa di Gerusalemme senza spargimento di sangue rilanciò ancora e organizzò lui stesso una scorta per accompagnare la Regina Maria e corte a Tripoli. 

La situazione a Gerusalemme era disperata. Poco più di quattromila difensori si trovavano ad affrontare una forza d’assedio di ventimila soldati. I Cavalieri cristiani erano solo quattordici: un’altra sessantina furono nominati fra gli scudieri e la popolazione civile. La marcia di Saladino su Gerusalemme vide cadere in successione Jaffa, Cesarea ed Acre: il 20 settembre del 1187 l’armata musulmana – Siriaci ed Egiziani – sostava davanti alla Porta di Damasco ed alla Torre di Davide. Ripetuti assalti con scale torri d’assedio furono respinti con gravi perdite per gli assedianti, tanto che il 26 settembre Saladino decise di spostare l’epicentro della sua armata sul Monte degli Ulivi, fuori dalla portata dei contrattacchi cristiani. Rimanevano a battere le mura di Gerusalemme giorno e notte le macchine d’assedio, fino a quando solo poche decine di cavalieri ed una forza sempre più esigua di armigeri restava a difendere le mura. Poi una porzione dei bastioni fu minata: dalla breccia gli assedianti cercavano di invadere la città ma venivano continuamente respinti. Ciononostante era chiaro che fosse solo una questione di tempo. Nel resoconto del cronista Guglielmo di Tiro una processione al Monte Calvario fu organizzata dal clero per impetrare salvezza da Dio. Le donne tagliavano a zero i capelli di figli in segno di penitenza, ma tutto invano: «Poiché il puzzo di adulterio, di stravaganze disgustose e dei peccati contro natura impedivano alle loro preghiere di arrivare fino a Dio». Alle minacce cristiane di uccidere tutti i 5000 schiavi musulmani all’interno della città, per poi procedere ad ammazzare le proprie famiglie, bruciare i tesori cristiani e distruggere i luoghi sacri musulmani, Saladino oppose un paziente negoziato. I Crociati consegnarono la città ai musulmani il 2 ottobre con modalità molto meno cruente dell’assedio dei cristiani del 1099. Balian sborsò 30’000 dinari per riscattare i 7000 abitanti che non potevano pagare. Secondo il cronista curdo Baha ad-Din ibn Shaddad, i musulmani liberati furono circa 3000. Molte delle nobildonne della città furono lasciate libere di andarsene senza pagare riscatto. Fra queste la Regina Sibylla: le fu affidato un salvacondotto per visitare il marito prigioniero. Ai cristiani nativi di Gerusalemme fu permesso di rimanere mentre Saladino si proclamava Signore e Protettore dei Templi delle tre religioni del libro. «Audita tremendi», d’accordo: ma poteva andar peggio.