Ascoltando il suono delle sirene

/ 21.02.2022
di Ovidio Biffi

Il tiepido pomeriggio mi invita a uscire sul balcone dove vengo sorpreso dalla prova delle sirene: stesso giorno, stessa ora, stesse modulazioni e in pochi minuti viene verificato che siano operanti in tutti i comuni della Svizzera. Anche le sirene della Protezione Civile fanno parte del nostro immaginario collettivo e sono un’emblema della «svizzeritudine». Non perché ci ricollegano con l’uso dei corni in auge ancora oggi sugli alpeggi o di quelli dei nostri primitivi su palafitte o nelle caverne, ma in primo luogo perché con il loro servizio ci offrono una prova di come il nostro ordinamento costituzionale continui a funzionare. Inoltre, anche se il suono delle sirene è rapportabile a pericoli ed emergenze, esso conferma quanto importante siano certezza e veridicità di un messaggio che riguarda sì il singolo, ma anche tutta la popolazione. Sembra anacronistico che nel terzo millennio il semplice suono delle sirene conservi ancora l’efficacia di un sistema di allarme, in grado non solo di allarmare, ma anche di ricordare alla popolazione che basta poco per trovarci di fronte a catastrofi o emergenze causate dalla natura o da altri inattesi eventi. Tanto che qualcuno vorrebbe che si studiasse il passaggio dal suono delle sirene ad allarmi digitali sfruttando internet e la rete degli smartphone che praticamente tutti hanno in tasca. Ma alla fine prevale la continuità: meglio le sirene, perché gli allarmi digitali suggerirebbero in chi li riceve sorpresa più che sicurezza, istillando in tutti il dubbio di qualche sbaglio o magari di un «fake qualcosa» inviato da chissà chi per confonderci.

Finite le prove, getto uno sguardo sulla strada sottostante a una delle cassette delle lettere de La Posta disseminate nei quartieri di Massagno. Non che mi diverta a curiosare tutto il giorno chi la usa, ma ammetto che, vedendo chi arriva a piedi, in motorino o in auto per affidare la sua corrispondenza a quella bucalettere, sovente attira la mia attenzione. Svaghi banali di un pensionato che ogni tanto sprigionano anche qualche grammo di orgoglio, come quando penso ai destinatari di quelle missive, contenti o soddisfatti (non importa se con abitudinaria disattenzione) che il servizio postale sia ancora efficiente. Una conferma l’ho avuta alcuni mesi fa dal mio sodale di Cham, sorpreso di ricevere al mattino la pagina di un giornale che gli avevo indirizzato il pomeriggio precedente, dopo avergli menzionato un articolo durante un colloquio telefonico: «Bello vedere che la Svizzera funziona sempre» mi disse. Sarà così anche nell’immediato futuro? Me lo sto chiedendo da qualche settimana, da quando ho scoperto qualcosa che mi ha contrariato. Dovendo spedire una lettera sono sceso in strada per imbucarla e, alzando lo sportellino della cassetta, ho notato che l’ora di ritiro della corrispondenza, da tempo immemore serale e fissata alle 18.30, ora presentava un mattiniero 8.30. Calcolo obbligato e sbalordimento: cavolo, la mia lettera ora rimane in questa buca per 18 ore e sarà recapitata se va bene solo fra due giorni! Infatti una scritta al centro della cassetta spiegava che chi vuole che la corrispondenza parta il giorno stesso dovrà ora rivolgersi alla filiale. In altre parole, «qualcuno» – a Berna, o Dagmersellen, o da qualche altra parte – deve aver deciso che il servizio pubblico per le cassette delle lettere periferiche de La Posta doveva cambiare. Volendo tentare una giustificazione opterei per questa versione «bernese»: il governo federale ha dimezzato a soli 10 centesimi l’aumento richiesto per le tariffe di «Posta A»? Noi per risparmiare eliminiamo il servizio serale delle cassette periferiche, tanto una passeggiata fino alla più vicina (o meno lontana) delle nostre filiali farà bene all’utente. Lasciando il balcone mi balena una domanda maligna: ci saranno mai allarmi, se non proprio sirene, in grado di allertare soprattutto gli anziani sui pericoli di questi «risparmi unilaterali» imposti nell’ambito di «miglioramenti presunti» dei servizi pubblici («Ci troviamo anche noi davanti al fatto compiuto» mi ha confessato una buralista a cui chiedevo lumi sulle cedole di versamento con codice digitale, studiate per aiutare… le banche)?