Appunti per il futuro di una freelance

/ 27.04.2020
di Natascha Fioretti

Il lavoro freelance, in crescita già prima della pandemia, potrebbe ricevere un’altra spinta in avanti. Tra i vantaggi della reclusione abbiamo infatti scoperto le potenzialità del lavoro da remoto. E se, l’economia freelance nel mondo sta vivendo un vero boom e plasmando nuovi paradigmi di lavoro, non è soltanto grazie alle tecnologie sempre più performanti ma grazie alle scelte delle nuove generazioni, quelle dei millennials (nati tra il 1981-1996) e della generazione Z (nati tra il 1997-2012). Secondo lo studio Payoneer, società di servizi di trasferimento di denaro online e servizi di pagamento digitale, su oltre 7000 freelance intervistati in tutto il mondo, il 70% ha meno di 35 anni. L’Asia ha il numero più alto, 82%. I giovani lavoratori chiedono maggiore indipendenza e nuove opportunità, nei paesi avanzati il 54% di tutti i millennials puntano sul lavoro indipendente per una questione di stile di vita: più libero, più indipendente e, pare, più produttivo.

Intanto i mercati digitali e i social media offrono nuove possibilità per promuovere il proprio talento e le proprie competenze. Stando allo studio dell’Oxford Internet Institute, grazie a piattaforme come Upwork, Freelancer e PeoplePerHour che raccolgono un enorme database di professionisti indipendenti certificati, molte aziende, dalle start up alle multinazionali, si rivolgono sempre di più online e ai freelance per trovare competenze specifiche adatte per un determinato progetto. Il CEO di Upwork Stephane Kasriel, in un articolo pubblicato sul sito del World Economic Forum, dice che in futuro il lavoro da remoto diventerà la norma, le persone vivranno nelle città che preferiscono, ovvero quelle che offrono condizioni di vita più attraenti in ambienti tecnologicamente amichevoli.

Ai tempi del Covid-19 anche le redazioni dei media, penso soprattutto a quelle dei giornali, hanno introdotto il lavoro da remoto cambiando le abitudini e i processi di produzione delle notizie. E insegnandoci, a quanto pare, che le redazioni fisiche non sempre sono indispensabili e, in periodi di crisi come quello attuale e a venire, molto probabilmente segnato da una recessione globale, rappresentano un elevato costo per le aziende. Significa che un’azienda può risparmiare da un lato per mantenere dall’altro ciò che le è più vitale: lo staff editoriale e commerciale. È quanto sostiene anche Tom Trewinnard su NiemanLab quando afferma che le redazioni in grado di sopravvivere in un’era post Covid-19 saranno quelle che continueranno a sviluppare e affinare flussi lavorativi, processi e strutture secondo una logica distributiva, per cui si creano dei team di competenza e delle procedure di produzione, revisione e pubblicazione ad hoc. Dunque sopravviveranno quelle redazioni in grado di creare e diffondere una cultura organizzativa online negli spazi digitali, di attuare strategie accurate per individuare le migliori tecnologie e strumenti da mettere in campo, di esplorare nuovi tipi di prodotti editoriali e modalità di coinvolgimento dei lettori, veloci e duttili nell’offrire al proprio pubblico le informazioni che richiede.

Quando l’emergenza sarà finita la struttura digitale messa in piedi dovrebbe continuare a funzionare di pari passo con i luoghi fisici per capitalizzare tutto ciò che ha reso efficiente il lavoro, ha creato benefici sostenibili, maggiore accessibilità e diversità delle redazioni, crescente flessibilità e opportunità di coinvolgimento. Insomma immaginatevi delle redazioni che si abituano a lavorare e interagire da remoto risparmiando ingenti costi di infrastruttura e di affitto generando maggiori risorse per il lavoro dei giornalisti e perché no, dei freelance, che a seconda delle loro specifiche competenze potrebbero essere maggiormente coinvolti rispetto ad oggi. Pensiamo se ci fossero delle piattaforme tipo Upwork che raccolgono e mettono a disposizione profili e competenze di giornalisti freelance in tutto il mondo.

Tom Trewinnard ne è certo, se implementate correttamente con team ripartiti per competenza, mansioni e ruolo, le redazioni digitali possono essere degli spazi coinvolgenti e vivaci in grado di sviluppare una propria cultura lavorativa, nuove modalità di lavoro, sostenere una produzione collaborativa e un giornalismo di alto impatto. Come dice Rasmus Kleis Nielsen, professore di comunicazione politica, il modello di business as usual per l’industria delle news è morto e se qualcuno aveva ancora dei dubbi su questo concetto, il Covid-19 l’ha reso chiarissimo.