Apprendista paparazzo

/ 02.10.2017
di Bruno Gambarotta

Sapevo di riaprire una ferita ma non ho resistito alla tentazione di visitare la mostra allestita da Camera, il Centro Italiano per la Fotografia di Torino: Arrivano i Paparazzi!. Osservando le foto in cui i prezzolati accompagnatori di una notte, uscendo dal night con la diva di turno, aggrediscono i fotoreporter in agguato, ho rivissuto il fallimento del mio primo incarico di lavoro dopo il diploma, 61 anni or sono. Ingaggiato in nero da una piccola agenzia, dovevo fotografare di nascosto le targhe degli studi dove un meccanico dentista, non laureato in medicina, si qualificava «Dentista». L’ordine dei medici aveva fornito l’elenco di nomi e indirizzi, in preparazione di una causa da intentare per esercizio abusivo dell’arte medica. Ero all’ultimo impegno di una giornata faticosa.

La porta con la targhetta da fotografare si trovava al quarto piano senza ascensore di una vecchia casa. Il falso dentista doveva avermi visto entrare nel portone e sentito ansimare col fiatone sul pianerottolo perché, appena parte il flash, spalanca la porta e come una furia mi s’avventa contro. Mi butto giù dalle scale e inizio una corsa disperata lungo la strada, con la pesante batteria del flash a tracolla, che rimbalza sulla schiena. L’odontotecnico mi raggiunge, mi agguanta, mi strappa di mano la fotocamera, con un solo gesto apre il serbatoio, estrae la pellicola e la srotola a prendere luce. Il lavoro di un’intera giornata va a farsi benedire. Il titolare dell’agenzia mi concede una prova d’appello, fallisco anche quella ed entrambi concordiamo sul fatto che non sono tagliato per quel genere di lavoro. Il secondo tentativo consisteva nel realizzare scatti rubati alla signorina Maria Luisa Garoppo in gara a Lascia o Raddoppia? sulla tragedia greca e perciò colpita da improvvisa notorietà.

I cronisti l’avevano ribattezzata «la tabaccaia di Casale Monferrato», per il lavoro che svolgeva in quella cittadina in provincia di Alessandria. L’agenzia aveva allestito una trappola nella quale l’esperta di tragedia greca avrebbe dovuto cadere. Era previsto che due giovanotti l’avrebbero accompagnata in un night, fatta accomodare a un tavolino sul bordo della pista da ballo e fatta bere, mentre io, con la fotocamera e il flash, sarei stato in agguato dietro una colonna pronto a entrare in azione. Vedo i tre che bevono, brindano e conversano, una bottiglia dopo l’altra; i due giovani discretamente brilli e la signorina allegra e lucida. Approfittando di una pausa nelle danze, due incaricati stendono sul pavimento dei materassi con il marchio bene in vista. Il direttore di sala esorta i presenti a ballare sui materassi, a dimostrazione della loro indistruttibilità. Tutti si lanciano con grida di eccitazione. Tutti meno uno, la lucidissima signorina Garoppo che osserva con materna pietà i due giovanotti mezzi addormentati. Guardo l’ora, sono le due e mezza passate; il mattino dopo, all’alba, avrei dovuto imbarcarmi su un pullman in partenza per Cervinia per realizzare un altro servizio. Avevo appena il tempo di tornare a casa, cambiarmi d’abito per indossare gli indumenti da montagna e recarmi alla località di partenza. Prendo coraggio, attraverso la sala, mi avvicino al tavolino, faccio un inchino e le dico: «Mi scusi, signorina, il pullman per Cervinia parte fra tre ore».

Lei mi guarda in un silenzio che significa «Embè?». «Mi spiego, prima di lasciare il locale dovrei scattarle una fotografia». Lei inalbera il suo miglior sorriso e si mette in posa. «Veramente, dovrei fotografarla mentre balla sui materassi». Lei che non è stupida, rifiuta indignata: «Il signor Mike ha detto che mi caccia se mi presto un’altra volta alla pubblicità». Quello dei campioni di Lascia o Raddoppia? è un capitolo interessante della storia del foto giornalismo. Tutta l’Italia si fermava il giovedì sera quando andava in onda il quiz, per cui i concorrenti, da un giorno all’altro si trasformavano da perfetti sconosciuti in divi bersagliati dai flash, salvo poi, trascorse poche settimane dalla vittoria finale, ritornare nell’ombra, scalzati dai nuovi campioni.

Per una di quelle coincidenze della vita che se incontriamo in un romanzo ci sembrano incredibili ho, rivisto Maria Luisa Garoppo, 34 anni dopo, dal 1956 anno della mancata fotografia eravamo arrivati al 1990, quando era in progetto il rifacimento di Lascia o raddoppia?. Il suo storico presentatore Mike Buongiorno era da anni approdato alla rivale Fininvest, perciò i responsabili della rete affidarono a me la conduzione del programma. Nelle stanze della redazione si affacciò un giorno la storica campionessa, aveva sposato un ufficiale dell’aeronautica e viveva a Roma. Avendo saputo che era in preparazione la ripresa del programma voleva sapere se era in progetto una convocazione dei vincitori della prima edizione, nel qual caso lei sarebbe stata felice di accettare l’invito.

Purtroppo per lei si voleva far di tutto per non richiamare alla memoria la storica edizione, per evitare un confronto schiacciante. Non ho fatto presente alla signora Garoppo che aveva davanti a sé quel goffo e impacciato fotografo che voleva farla ballare sui materassi. Per la cronaca: quel Lascia o raddoppia? resuscitato si è rivelato uno dei più grandi flop della storia della televisione italiana