Anche la vacanza diventa saggia

/ 27.07.2020
di Luciana Caglio

Siamo viziati. Ci si trova, in 350’000, a condividere uno spazio di vita privilegiato. Questo nostro Ticino, incuneato fra Alpi e laghi lombardi, concentra, indubbiamente, un’eccezionale varietà di paesaggi, da manuale turistico. Ecco le vette innevate, le pinete, i rustici nelle valli, i grotti sotto i castagni e, a poche decine di chilometri, le spiagge quasi mediterranee, gli oleandri, i grandi alberghi, i musei, le boutique di Lugano e di Locarno, i castelli medievali di Bellinzona, il Fiore di pietra di Botta in cima al Generoso, le chiese romaniche. E via enumerando ambienti naturali e luoghi costruiti, ormai mete frequentate. Magari, il sospetto è legittimo, trascurate dai ticinesi che, avendole a portata di mano o addirittura di sguardo, le vantano, ma non ci vanno. Come, del resto, vuole una regola generalizzata. Per vacanze e weekend, si preferisce l’altrove, il lontano, l’esotico, a proprio rischio e pericolo, delusioni comprese. Almeno, così fino a ieri.

Oggi, effetto pandemia, anche la vacanza non è più quella che era. Tempo libero, a volte sconclusionato e sprecato, si ripresenta come un’occasione di riscatto morale, culturale e soprattutto patriottico. Parola d’ordine della stagione, vacanze a «km. 0». La sigla, sin qui riservata ai prodotti agro-alimentari, ora concerne un ambito sconfinato qual era la libertà di movimento. Per la verità, non illimitata neppure nel passato. Si andava dappertutto ma, spesso, sottostando ai condizionamenti del turismo di massa, fenomeno per altro controverso: condannato se c’è, rimpianto se manca. Fatto sta che, in quest’insolita estate di frontiere chiuse e timori di contagio, il turismo si adegua. Puntando sull’alternativa del soggiorno locale, ancora di salvezza per un settore economico in sofferenza. Delle ferie, vicine a casa, si sottolineano i vantaggi, pratici e i risvolti etici. Tragitti brevi, in treno, magari in bicicletta, e quindi meno emissioni di CO2, niente intruppamenti mortificanti, niente cattive sorprese. Invece, ci viene ribadito, si tratta di un’opportunità preziosa: per scoprire o riscoprire le bellezze e le curiosità nel nostro territorio, godute al sicuro. Ed è persino un modo per praticare quel «turismo degli interstizi», auspicato dall’antropologo Jean Didier Urbain. Significa strappare ai luoghi, più noti e vicini, i loro segreti, attraverso un rapporto di conoscenza approfondita. Il contrario, insomma, del classico «City sightseeing», dove si vede tutto e in fretta.

Certo, anche il Ticino e la Svizzera racchiudono tesori naturali, artistici, tecnologici che meritano un’attenzione, spesso disattesa, da recuperare. È un nuovo dovere civico, imposto dalle circostanze. Come non si stanca di ripetere una propaganda turistico-patriottica ad hoc: con discorsi e immagini al servizio di una giusta causa, a rischio però di eccessi controproducenti. La superesposizione mediatica logora persino la visione, ormai simbolica, del bellissimo ponte in Verzasca. Mentre a Lugano, la valorizzazione della Foce sta sfociando (mi scuso per il banale gioco di parole) nel ridicolo. Tutto ciò per dire che, a furia di esaltare i propri pregi, si finisce nella trappola di un nazionalismo di stampo autarchico. Siamo non soltanto i più belli e più bravi, ma anche autosufficienti, da ogni punto vista, culturale e persino umano. Se può consolarci, questa forma di compiacimento autoreferenziale non è un’esclusiva elvetica. È una moda favorita, paradossalmente, dalla pandemia che, forse, non ci ha reso migliori. Anzi ha aperto un nuovo campo di competizione nazionalista, dove, ognuno vanta le proprie cosiddette eccellenze scientifiche e sanitarie, con risultati ancora incerti.

Tanto da indurre gli svizzeri alle ferie in loco. Ciò che significa uno strappo alla regola. Per i nostri concittadini, la vacanza coincideva con la fuga verso orizzonti aperti, il mare soprattutto. «È scritto nel nostro DNA», dichiarava Guy Parmelin. E da parte di un ministro UDC può sorprendere. Insomma, ammette che la vacanza saggia 2020 comporta un sacrificio. Anche se, a titolo consolatorio, conclude: «Il mare aperto,a volte, si può trovare davanti a casa».