Saranno in pochi – almeno da questa parte delle Alpi – a rimpiangere la fine di un agosto marcato da temperature record, incendi devastanti, il rincaro fino al 30% dei prodotti ortofrutticoli per via della siccità alternata a devastanti piogge monsoniche. Il tutto condito dalla bomba ad orologeria che ora si teme possa esplodere riportando il contagio pandemico a percentuali da tutti dentro – conseguenza delle calche estive su spiagge di giorno, discoteche e rave di notte che tanto viva la gioventù che la gente non ne può più. E se a Roma si piange, a Londra non si ride: le immagini della sede della BBC presa d’assalto dai Novax la dice lunga sui cedimenti di nervi dell’aplomb anglosassone anche senza tirare in ballo rigori immeritati e sbagliati e pilloline illecite – si scusa l’Altropologo ma come diceva Confucio «quanno ce vò, ce vò». Insomma, un agosto poco Augusto ed Imperiale solo nei disagi: da dimenticare.
Ma è sufficiente scavare nella memoria per accorgersi che, tutto sommato, non ci è andata fatta poi così male. Alla fine di agosto del 1317 si cominciava infatti in tutta Europa a tirare un sospiro di sollievo. Dopo due anni disastrosi, finalmente i raccolti cominciavano a migliorare e si poteva immaginare la fine di una carestia che aveva spazzato via fino al 25% della popolazione urbana – e Dio solo sa quanti nel contado e nelle zone montane. Dal 1100 a tutto il 1200 si era assistito ad una crescita moderata della popolazione europea favorita da economie stabili ed annate agricole positive. Ma a partire dalla primavera del 1315 le piogge costanti fecero marcire i germogli dei cereali per poi far marcire nei campi quanto sopravviveva del raccolto. Se oggi il rapporto fra semente e prodotto finale si attesta sui 30:1, nell’agricoltura preindustriale si attestava sul 7:1, laddove in tempi di carestia scendeva da 2:1 a rapporti addirittura negativi. Negli anni in questione, in un’Europa ancora priva di patate e mais, quanto dei grani poteva essere salvato veniva asciugato artificialmente provocando così blocchi intestinali mortali ed epidemie di allucinazioni da segale cornuta (un fungo che prolifica nella segale umida ed immatura) che finivano per alimentare accuse di stregoneria ed eresia – e la sensazione di disgregazione della compagine sociale stessa in un generale clima di «si salvi chi può». Le stesse biade per animali – quelle poche che non marcivano - dovevano essere essiccate in maniera sommaria. Si calcola che fino all’ 80% degli animali domestici morissero vuoi di fame vuoi di indigestione – od entrambe.
Il destino degli esseri umani non era da meno. Tanto per dare un’idea: si è calcolato che nella stessa famiglia reale inglese l’aspettativa di vita nel 1276 fosse 35.28 anni. Durante la Grande Carestia era scesa a 29.84 – record battuto solo dal periodo fra il 1348 ed il 1375, durante la Peste Nera, quando scese a 17.33. Tanto per dare un’altra idea di riferimento: in Italia si calcola che l’aspettativa di vita con la crisi Covid sia scesa di due punti percentuali - che il vostro Altropologo preferito non cita in soldoni quando-dove-perché in quanto si rischia la gogna mediatica. Fattostà che la popolazione europea crollò del 42% nel fatidico periodo fra il 1348 ed il 1375.
In questo contesto le autorità di tutta Europa erano impotenti perché incapaci – ed incapaci perché impotenti. Re Edoardo I d’Inghilterra fece tappa col suo seguito a St. Albans, poco a Nord di Londra il 10 agosto 1315, all’inizio del tour regale del Regno: non trovò alcuna provvigione e fu costretto ad andare a letto senza cena. Un po’ – ma solo un po’, s’intende – come oggi i grandi supermercati inglesi sono a corto di groviera e pomodorini ciliegini… Sta di fatto che le cronache della città di Bristol riportano che nel 1315 «…vi fu una Grande e Mortale carestia. La mortalità era tale che i vivi erano a malapena sufficienti a seppellire i morti. La carne di cavallo e di cane era considerata ottima – ed alcuni mangiavano i loro bambini. I criminali che erano in prigione divoravano ancora mezzi vivi coloro che erano sbattuti in galera da ultimi».
Dicono adesso, nella sequenza interminabile dell’«è colpa di X» che tutto fu causato dall’eruzione del vulcano Terawera in Nuova Zelanda durata per cinque anni. Comunque sia, le conseguenze degli eventi di quegli anni sono ancora fra noi. Allora il prestigio dei rimedi garantiti dalla Chiesa Romana subì un colpo che avrebbe portato, fra gli altri, alle rivolte contadine del XVI secolo ed alla Riforma – e l’effetto domino che ne conseguì.
Fake news? Fantastoria? Sia come sia: libera nos…