Sorpresa: il Consiglio federale non opporrà alcun controprogetto indiretto all’iniziativa RASA, che chiede di cancellare dalla Costituzione l’articolo 121a, introdotto con l’approvazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa il 9 febbraio 2014. Simonetta Sommaruga ha annunciato mercoledì scorso che le due varianti messe in consultazione il 1. febbraio non raccolgono sufficienti consensi e non troverebbero una maggioranza in Parlamento.
Lo ricordiamo brevemente: la prima variante prevedeva di completare l’articolo 121a con la specificazione che la gestione autonoma dell’immigrazione doveva tenere in giusto conto i trattati internazionali di importanza fondamentale per la Svizzera, come pure di stralciare la disposizione secondo cui l’iniziativa andava concretizzata entro tre anni; la seconda variante prevedeva solo lo stralcio del termine dei tre anni. La decisione di opporre un controprogetto indiretto derivava dal mal di pancia generato dal fatto che la legge di applicazione approvata dalle Camere prima di Natale non rispetta i dettami dell’iniziativa del 9 febbraio 2014 (contingenti, tetti massimi di lavoratori stranieri), tantomeno risolve il dilemma giuridico generato dalla presenza nella Costituzione di due principi in contraddizione fra di loro (l’iniziativa del 9 febbraio 2014 impone di fatto una violazione degli accordi bilaterali I con l’UE, gli stessi sono però a loro volta protetti dalla Costituzione). Per cui è poco comprensibile che ora il Consiglio federale non ritenga più necessario cercare una via per ristabilire una certezza giuridica. Tuttavia, il fatto che il referendum contro la legge di applicazione dell’iniziativa sia fallito viene interpretato dal Governo come un chiaro segnale da parte della popolazione che la soluzione trovata, in fondo, va bene a (quasi) tutti.
In realtà, il dietrofront del Consiglio federale non è una vera e propria sorpresa: già in febbraio si era mostrato poco compatto, addirittura il ministro dell’economia pubblica Schneider-Ammann aveva detto in un’intervista che la soluzione più elegante sarebbe che il Parlamento bocciasse il controprogetto del Governo. Non propriamente un segnale di una linea chiara e coerente da parte del Consiglio federale.
A ben guardare, questa linea è mancata fin dal 9 febbraio 2014. Allora la consigliera federale Simonetta Sommaruga affermò che il dettame costituzionale introdotto con l’iniziativa andava rispettato pienamente e nel corso dei seguenti tre anni è più volte stato annunciato che un accordo con Bruxelles su una nuova interpretazione della libera circolazione (poiché formalmente una rinegoziazione veniva esclusa dall’UE) era ormai vicino. Vuoi per la concomitanza del voto sulla Brexit o per altro, l’accordo non è stato trovato e le castagne dal fuoco le ha cavate il Parlamento.
Ora, per ottenere una chiarezza giuridica e per contrapporre un’alternativa credibile all’iniziativa RASA (nel caso non venisse ritirata), che chiarisca al contempo la direzione della politica europea elvetica, bisogna attendere che si muovano altri. Alcuni consiglieri agli Stati (il socialista bernese Stöckli, l’appenzellese liberale Caroni, il socialista zurighese Jositsch) vogliono elaborare un controprogetto, ma al momento in Parlamento non sembrano esserci i numeri. Piuttosto, chiarezza potrebbe venire presto, ma da un altro fronte: domenica l’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente deciderà se lanciare un’iniziativa per l’abolizione della libera circolazione delle persone. Vedremo se i delegati oseranno compiere questo passo e se il testo sarà abbastanza chiaro da sgombrare il campo dalle ambiguità in cui ci troviamo oggi.