Mi sono imbucato nella festa di compleanno di Vittorio Emanuele II celebrata in ritardo a causa della pandemia. Il Re ha compiuto 200 anni il 14 marzo. Ci sono riuscito grazie alla complicità di un amico titolare di un forno, mi sono finto rider per consegnare 20 pizze al pomodoro alla regina Margherita. Com’è noto i pizzaioli napoletani, dopo averla creata, hanno deciso di chiamarla pizza margherita in omaggio alla regina. Le aveva ordinate lei che per accettare un invito pretende che gli ospiti non solo la mangino ma la trovino anche buona.
Accucciato ai suoi piedi, Giosuè Carducci declamava un’ode alla sua mascherina tempestata di perle. Senza interrompersi il poeta ha afferrato al volo una pizza e, coerente con la sua fama di mangiatore compulsivo, ha iniziato a divorarla. Risultato: vistose svergolate di sugo rosso sulla sua mascherina. Ero curioso di vedere come avrebbe fatto Re Vittorio a indossare la sua con quei baffi a manubrio lunghi 30 centimetri per parte. Infatti la portava ciondoloni usando il baffo destro come un attaccapanni mentre la marchesa di Mirafiori, sua seconda moglie, cercava di mettergliene una con due buchi per infilarci i baffi. «Non la voglio! È ridicola! Cosa direbbero di me Napoleone III o la Regina Vittoria?». «Mettila almeno per fare i selfie con gli invitati. Prendi esempio da tuo padre». Gli indica Carlo Alberto, altissimo, magro, spiritato. È a torso nudo mentre il suo confessore lo sta aiutando a indossare un secondo cilicio oltre a quello d’ordinanza.
La Bela Rosin sa come prendere il suo sposo. Sua Maestà sta per mettersela quando scopre Garibaldi che non la porta. «E lui allora?» L’eroe dei due mondi, chiamato in causa ribatte: «Non vedo perché dovrei, a Caprera non c’è nemmeno un contagiato». Il Re cerca con lo sguardo un ometto che tenta di passare inosservato. È il Virologo di corte. Il Re gli intima: «Glielo dica lei professore al nostro eroe dei miei stivali che c’è l’obbligo di portarla sempre e ovunque!» Il Virologo è addestrato a dare ragione a tutti ma, in questo caso, obbligato a schierarsi, lo fa dalla parte di chi gli assicura lo stipendio. Se lo licenziassero, ci sarebbero altri venti suoi colleghi pronti a prendere il suo posto: «Anche se a Caprera oltre a lei ci fossero solo le capre lei generale deve dare il buon esempio». Garibaldi non cede: «La indosserò dopo che l’avrà messa il papa» e parlando indica Pio IX che sentendosi osservato spiega: «Non la metterò mai! Questo virus non esiste, è un’invenzione della massoneria per diffamare la chiesa!»
Si leva un coro di proteste: «Ma Santità non può dare credito a queste fake news!» Pio IX si risente: «Vi ricordo che ho fatto in tempo a far proclamare dal sinodo il dogma dell’infallibilità del papa, se ne dubitate non ci metto niente a scomunicarvi un’altra volta.» Il conte di Cavour che fino a quel momento era stato silenzioso fa osservare al papa: «Però ci avete messo duemila anni prima di decidere che il papa è infallibile». Pio IX ha la risposta pronta: «La Chiesa prende le sue decisioni dopo averle attentamente ponderate. E poi lo sappiamo in che miserevole condizione sono le Poste in Palestina».
Interviene Costantino Nigra che, in quanto alto esponente della massoneria si è sentito chiamato in causa: «Ci dica Santità. E se un giorno a Roma ci fossero due papi, uno emerito e l’altro in carica e avessero idee diverse, quale dei due sarebbe il papa infallibile?». Pio IX non ha dubbi: «È un’ipotesi impossibile, non succederà mai». Cavour è arrivato alla festa con la sua ultima fiamma, la bella danzatrice ungherese Bianca Soverzy di 28 anni conosciuta nel 1856 quando lui aveva già 46 anni. Indossano entrambi la mascherina ma il papa non demorde: «La dama che l’accompagna è la moglie di Domenico Ronzani, impresario del Teatro Regio di Torino. Non è una sua congiunta come prevede il decreto del presidente del consiglio numero 12.871. Come ha fatto a farla entrare?» «La signora ha spiegato alle guardie che veniva per lei Santità, per farsi benedire». È bastato per ammansirlo.
La lista dei componenti di casa Savoia venuti a rendere omaggio al padre della patria (e di molti italiani) è lunghissima e porterebbe via troppo spazio. Vogliamo almeno citare Vittorio Emanuele III che ha regnato dal 1900 al 1945. Era praticamente invisibile, assorbito dall’impresa di mettere in ordine la sua collezione di monete, la più grande al mondo e l’unica passione della sua vita. I presenti hanno scoperto che c’era anche lui quando ha fatto una domanda: «Scusate, sapete dirmi se il virus si trasmette anche attraverso le monete da collezione?». Rassicurato dal Virologo di corte, si è rituffato nella sua raccolta e lì è rimasto per tutto il tempo.
È stata una bella festa, fra i rappresentanti del bel mondo non poteva mancare Gabriele D’Annunzio che indossava una mascherina fatta fare con la stoffa delle mutandine di Eleonora Duse dopo essersi raccomandato che non le lavassero prima di iniziare la lavorazione.