Alba di rabbia: chi lavora?

/ 20.03.2017
di Alcide Bernasconi

Un tempo, ricordo bene, l’hockey su ghiaccio dei bianconeri era soffocato dai cugini del calcio. L’hockey? Lasciamolo alle squadre di montagna, dicevano i tifosi che accorrevano allo stadio di Cornaredo anche per gare di secondo ordine. Quello per il pallone era un amore di vecchia data. 

Alla Resega, invece, ad attirare gli spettatori erano alcuni incontri che promettevano spettacolo, come quando scese sul ghiaccio una formazione prestigiosa di Londra, quella dei Wembley Lions, composta esclusivamente da giocatori canadesi che non avevano trovato un posto in una delle sei squadre della famosa National Hockey League (NHL). Erano atleti di prim’ordine, dal gioco spettacolare, che conquistò anche il pubblico ticinese. 

Il Lugano dell’hockey non poteva ergersi a questi livelli sul ghiaccio artificiale. Del resto anche la nazionale rossocrociata, un tempo tra le più forti in Europa, annaspava contro formazioni di professionisti e ci vollero molti anni prima che i responsabili, stimolati dai club con buoni allenatori (come la squadra del Lugano, diretta dallo svedese John Slettvoll) si dedicassero con impegno a migliorare le loro prestazioni.

Così, in seguito ai problemi in cui si trovarono allora invischiate anche le squadre di calcio, nel giro di qualche anno, almeno in Ticino, ci fu un’inversione di tendenza. Lo stadio di Cornaredo dovette cedere la precedenza alla Resega dove nacque la forte rivalità fra nord e sud del cantone e si giocavano derby con oltre settemila spettatori, molti dei quali pigiati in piste diven-tate improvvisamente scomodissime.

Dopo anni di pessimi risultati, salvo rare eccezioni, ecco il calcio luganese tornato di nuovo nella massima divisione, grazie alla passione e all’impegno del presidente Angelo Renzetti. Il numero uno dei bianconeri ha infine portato a Lugano – dopo aver stupito tutti con l’assunzione di Zeman, prelevato dal calcio italiano – un tecnico italiano che ha contribuito alle recenti fortune della nazionale albanese, ossia Paolo Tramezzani.

Dopo un certo salto di qualità, in seguito a una pesantissima sconfitta rimediata a Thun, il nuovo allenatore non le ha mandate a dire ai bianconeri, convocandoli il giorno dopo per un allenamento all’alba. Forse i suoi ragazzi avranno capito che cosa si pretende da loro, retribuiti in parte con stipendi da fare invidia a molti lavoratori.

Lo sport, insomma, non dà tregua neppure ai tifosi. 

C’è Roger Federer (come non citarlo!), non più giovanissimo, di nuovo sulla cresta dell’onda. Il suo pubblico continua a non credere ai propri occhi e le giocate del tennista basilese continuano a suscitare «oh!» di meraviglia da parte degli spettatori di ogni nazione. Le donne, dalle ragazzine alle nonne, sono sempre in prima fila e si mangiano con gli occhi l’elegante Roger.

Ci sono stati i Mondiali di sci alpino a St. Moritz, dai quali ci attendevamo mirabilie dalla nostra Lara Gut, primadonna non soltanto fra le elvetiche, bensì di tutto il movimento nazionale. Aveva iniziato bene la ticinese, salendo sul podio già nella prima gara. A fermarla è stato un incidente che – secondo noi – non avrebbe mai dovuto accadere. La sua uscita di scena definitiva (fino alla prossima stagione) è la cosa che più ci ha rattristato, nonostante i buoni risultati degli svizzeri. Senza quella brutta caduta, il bottino della formazione di casa, sarebbe stato probabilmente il migliore. Ci ha fatto quindi molto piacere vedere Lara alla tv, dopo la necessaria operazione a un ginocchio, di nuovo armata del suo sorriso e fiduciosa per l’avvenire. 

Intanto è il calcio della Champions League, con le stelle delle sue squadre più prestigiose, a conquistare il grande pubblico. Una sera è il Real Madrid, un’altra, il Bayern e così via. Anche il ciclismo ha la sua parte. Si è appena corsa la Milano-Sanremo nel bel mezzo dei playoff di hockey. «Spegni quella televisione e va a fare due passi!». Il rimprovero delle mogli ci pare giusto. «Ma c’è Federer», rispondiamo noi. «Beh, se c’è lui, nulla da dire». In questo caso pace è fatta. Basta avere l’accortezza di precisare chi ha vinto. Ma certo, ha vinto lui.