Il giorno più lungo, nella memoria collettiva, è quello dello sbarco in Normandia avvenuto nel 1944, raccontato nel 1959 nel libro di Cornelius Ryan e ripreso in seguito in un famoso film.
Anche oggi è il giorno più lungo, in un’accezione però molto più luminosa. Il 21 giugno è il giorno del solstizio d’estate, l’apice, l’apogeo della presenza del sole nei nostri cieli, un evento considerato fin dalle civiltà più antiche un simbolo di fertilità e di benessere.
La luce del sole ha attraversato tutta la nostra cultura come grande metafora del bene e della verità, e anche come immagine di quella bellezza che sempre nutre ciò che è buono e ciò che è vero. Una luce che ha illuminato tante domande, e tante risposte, sul senso della vita. Basti pensare alla grandiosa rappresentazione che del sole diede Platone nel mito della caverna.
Il mito racconta il passaggio dal mondo ingannevole di una realtà fatta di ombre (in cui gli uomini sono costretti a vivere incatenati) al mondo reale, illuminato dalla luce del sole. Platone descrive l’ascesa faticosa e dolorosa dall’ombra alla luce, dall’ignoranza alla vera conoscenza, e ci offre una narrazione molto poetica di ciò che accoglie colui che abbandona le tenebre: la luce del sole, appunto. È una luce potente, accecante, che bisogna imparare a guardare piano piano, prima riflessa nelle cose ma che alla fine, dopo un lungo esercizio, si offre al nostro sguardo in tutta la sua incantevole bellezza. Giunti a questo punto, racconta Platone, si riesce a comprendere che è la luce del sole a rendere visibili tutte le realtà naturali e, soprattutto, a permettere loro di esistere. Questa immagine del sole offre al pensiero una scorciatoia intuitiva molto efficace per comprendere che cosa sia il bene, il cui significato sarebbe altrimenti indicibile. Il sole rappresenta il bene come fondamento del senso della vita e della possibilità per l’uomo di conoscerlo e di coltivarlo.
Non è difficile intravedere l’onda lunga di questo immaginario che ha navigato nel tempo per giungere fino alle lumières del Settecento: quelle stesse lumières che continuano ad alimentare il progetto umano della modernità.
Ma l’immagine platonica del sole sa condurci anche a ritroso, verso miti ancor più antichi, verso quel Carro del Sole con cui il dio Apollo percorreva ogni giorno il nostro cielo da Oriente a Occidente, lasciando in noi vivida la percezione di quel suo eterno viaggiare nel tempo a scandire i nostri giorni. E così, seppur ben consapevoli delle verità astronomiche, continuiamo ad emozionarci davanti ad un sole che sorge ogni mattina in delicate albe, o che si scioglie lentamente al tramonto nelle onde del mare.
Il solstizio d’estate non è dunque solo un evento astronomico ma è pure un evento con una forza simbolica che in qualche modo parla anche di noi, del tempo del nostro vivere.
Da domani, lentamente quanto inesorabilmente, le ombre aumenteranno sulle nostre giornate e la potenza del sole comincerà a raccontarci anche del suo progressivo declino.
Noi, fortunatamente, non sappiamo mai, prima, quale sia, e quando avverrà il solstizio della nostra vita, e nemmeno sappiamo di tutti quei piccoli solstizi che attraversano i nostri giorni. Per questo forse ogni nostro desiderio non ancora, o non mai realizzato rimane l’archetipo del senso della vita, e questo perché la possibilità di mantenere vivo il desiderio è il linguaggio di una speranza che getta la sua luce sempre oltre.
Eppure, in luoghi imprevisti e spesso imprevedibili, sui sentieri del nostro camminare nei giorni, inesorabilmente sta ad attenderci un intimo solstizio, che è lì solo per noi.
Ma noi fortunatamente non lo sappiamo e quando, a posteriori, ci sembra di averlo riconosciuto, restiamo comunque in qualche modo aggrappati al Carro del Sole e al ritmo di un continuo divenire. Aggrappati ad un tempo che spesso non amiamo troppo scandire, possiamo nutrire il nostro animo con altre luci. Anche con la luce delle stelle, ad esempio, che arriva a noi quando sono già spente: una prova, forse poco scientifica, ma ricca di senso, del continuo nascere e rinascere della vita.
A volte però il buio arriva all’improvviso, senza annunciarsi, infrangendo le leggi astronomiche e i suoi tempi. Di quell’amico che abbiamo incontrato in un momento indimenticabile, bellissimo e colmo di luce, non sapevamo che sarebbe stata l’ultima volta.
E quante esperienze finiscono, senza annunciarlo, nel momento più luminoso?
Allora, ancora una volta, diamo ragione a Epicuro che ci invita a prestare attenzione, e cura, all’intensità della luce che sappiamo donare ai nostri giorni e non alla sua durata sempre sfuggente.