Un mese fa in Spagna è scoppiata la polemica sulla maternità surrogata a proposito della conduttrice televisiva Ana Obregon, 68 anni, fotografata davanti a una clinica di Miami con in braccio la neonata. La maternità surrogata è una pratica non ammessa in Spagna, il governo socialista è contrario e la ministra dell’istruzione ha definito la fotografia di Ana Obregon un’«immagine dantesca», probabilmente intendendo con quell’aggettivo qualcosa di orrorifico o di contronatura. Ciò dice, tra l’altro, che l’immaginario diffuso della Divina commedia è più quello infernale che quello purgatoriale o paradisiaco (2+ all’immaginario diffuso). Ne ha parlato nei giorni scorsi una scrittrice, Aurora Freijo, sul quotidiano «El Pais» (5½ pieno) accusando la ministra di «edadismo», cioè di discriminazione su base anagrafica. Un termine che equivale all’italiano «ageismo» («etaismo» non esiste), proveniente dall’inglese (o dal francese?) «age» (età). Mai definizione fu più pertinente alla realtà contemporanea (5+). È vero, gli anziani sono discriminati, certamente in Italia ma forse un po’ ovunque: case di riposo inospitali, pensioni da fame, abbandono, emarginazione, solitudine. Ma poi, a pensarci bene, anche i giovani: abbandono, emarginazione, solitudine, con un sovrappiù di depressione da tecnologia compulsiva. E la mancanza di ascolto? E la mancanza di lavoro? E la mancanza di futuro? E la devastazione ambientale in cui noi adulti li abbiamo precipitati? Ageismo? Ageismo. Per non parlare della mezza età, signora mia. In fondo siamo un po’ tutti ageisti e ageizzati. Il giovane deride il vecchio, il vecchio deplora il giovane, il giovane e il vecchio disprezzano i cosiddetti boomers (intesi in senso lato), e i boomers ageizzano vecchi e giovani.
E non c’è solo l’ageismo. Ho sentito una colf rumena arrivata in Italia una decina d’anni fa pronunciare parole brutali contro i morti di Cutro: «Perché sono partiti?». Ah saperlo, signora mia. Come i giovani diffidano dei vecchi che diffidano dei giovani che diffidano dei boomers che diffidano di giovani e vecchi, così i terzultimi arrivati sospettano dei penultimi arrivati che sospettano degli ultimi che sospettano degli ultimissimi… Il mondo è pieno di vecchi e nuovi – ismi non troppo promettenti: razzismi opportunismi sessismi nazionalismi omofobismi sciovinismi sovranismi bullismi. E presidenzialismi con numerose varianti e variabili: alla tedesca o alla francese? Meglio il semipresidenzialismo al limone, all’aceto balsamico o in salsa rosa?
Se guardi in basso, tra gli ultimi e i penultimi troverai sempre qualcuno buono da discriminare o disprezzare. Diceva Gesù che gli ultimi saranno i primi e i primi saranno gli ultimi. E i penultimi? Se c’è una giustizia divina, saranno secondi, i terzultimi terzi e così via simmetricamente. Saranno primi, secondi o terzi gli studenti che a Milano e a Roma si accampano in tenda per protestare contro l’abusivismo (già, c’è anche l’abusivismo) degli affitti troppo alti? Facciamo terzi o quarti, prima di loro verranno sicuramente i migranti ammassati a Lampedusa e i profughi ucraini (5+ a un saggio della storica Arianna Arisi Rota intitolato Profughi e appena uscito dal Mulino). C’era una volta l’attendismo, c’è oggi il «tendismo», contro cui qualcuno propone il «mazzismo»: Fatevi il mazzo, non la tenda titolava qualche giorno fa «Libero» in prima (pagina) che un giorno, si spera, sarà l’ultima. Intanto possiamo denunciare l’ageismo o l’«etaismo» del quotidiano milanese (2-).
Anche in Francia si protesta e si inventano parole nuove. Ogni protesta genera parole nuove: «girondini», «sessantottini», «grillini»… Le manifestazioni di piazza contro la legge sulle pensioni vengono bollate dal ministro degli Interni come «bordélisation», che equivale a «bordellizzazione» o «bordellismo». Ne ha scritto «Le Monde» (6-, che gran giornale!, un po’ grigio ma impermeabile al gossip universale). «Bordélisation» è un termine che, secondo «Le Monde», si iscrive nell’uso di termini cash (pronto uso) utilizzati dai politici per apparire autentici. In realtà le intellettuali e filosofe intervistate dal quotidiano definiscono la parola «patriarcale» e «virilista». Eccolo là, un altro – ismo: non c’è solo il «machismo», il «maschilismo» e il «sessismo», ma anche il «virilismo» nel mondo dell’«ismismo» dilagante i sinonimi si sprecano. Forse dilaga anche il sinonimismo.