Cara Silvia,
ti chiedo di aiutarmi a risolvere un problema che non so da che parte prendere.
Vivo sola con mio figlio Ludovico perché il padre, 14 anni fa, quando ha saputo che ero incinta, mi ha detto che gli dispiaceva ma non si sentiva pronto ad assumere gli impegni di genitore. Poco male, io e Ludovico ce la siamo cavata benissimo. È vero che ho dovuto farmi aiutare perché i miei impegni di lavoro mi tengono per molte ore fuori di casa, ma il bambino è cresciuto bene e sinora non mi aveva dato problemi. Una figura paterna non gli è mai mancata perché mio padre è stato un nonno fantastico, sempre disponibile, sempre vicino. Purtroppo quell’orribile mostro che si chiama Coronavirus ce l’ha portato via. Ora sì che sono sola e alla prima difficoltà mi sento persa. Durante le Feste sono venuta a sapere da una mamma della classe di mio figlio che alcuni ragazzini (quali?) vedono, sul computer, canali porno. Ludovico resta molto tempo in casa solo e potrebbe essere tra quelli. Non le sembra un po’ presto per vedere donne nude? / Magda
Cara Magda,
capisco la sua insicurezza e l’ansia che l’assale alla prima trasgressione di quello che credeva essere ancora il suo bambino. Non siamo mai preparati di fronte ai repentini cambiamenti della pubertà. Tanto meno una mamma sola.
A una certa età, sempre più precoce, la curiosità per la misteriosa sfera del sesso è naturale ma è il modo con cui viene soddisfatta dalla pornografia che fa problema. Di solito la scuola fornisce informazioni neutre ma agli adolescenti non bastano: è il mistero che vogliono svelare. Freud stesso riconosce che vi è, nella sessualità umana, qualche cosa d’inquietante. Ci siamo allontanati dalla natura, abbiamo sganciato la sessualità dalla procreazione e, a questo punto, è soltanto con una riflessione matura e profonda che possiamo ripristinare l’armonia perduta. Purtroppo nella nostra società non c’è consapevolezza dei disastri innescati da atteggiamenti concilianti verso il porno. Ci vorrebbero educatori saggi e competenti per aiutare ragazzi e ragazze (il problema non riguarda solo i maschi) a non cadere nella spirale della pornografia che può provocare dipendenza. Non si tratta tanto di «vedere donne nude», sarebbe il meno. Gli adolescenti lo hanno sempre fatto, anche se un tempo si limitavano a sbirciare pubblicazioni proibite dietro le edicole. Ora l’offerta è smisurata, si parla di milioni di siti pornografici nel mondo. Tentare di monitorarli e controllarli non è moralismo ma affermazione della dignità umana e difesa dei più deboli. Dietro a quegli spettacoli indecenti si nascondono insidie pericolosissime come l’adescamento di minori a scopo sessuale, il bullismo e la sopraffazione di genere. Il sesso porno, sempre simulato, è eccessivo e violento perché, avendo come unico scopo l’eccitazione, non tiene conto della reciprocità, dei sentimenti, dei valori estetici e morali che rendono umani i nostri rapporti. Messi a confronto con prestazioni erotiche mirabolanti e ostentate, è facile sentirsi inadeguati. Le emozioni negative come sgomento e paura, suggestioni ipnotiche e fantasie incontrollabili, possono prevalere su quelle positive che pure esistono, come voglia di conoscere, d’incontrarsi, confrontarsi, condividere insicurezze e ansietà. Ed è proprio su queste che dovrebbero puntare gli educatori per essere all’altezza delle sfide che pone l’attualità.
Privo di controllo e di guida, Ludovico rischia di rimanere sopraffatto da esibizioni di onnipotenza che lo allontanano dal riconoscimento del vero Sé, che comprende fragilità, vulnerabilità, bisogno di essere apprezzato, desiderio di essere amato e di amare. Non possiamo ignorare che i nostri figli vivono, nella sfera del Web, un’esistenza parallela a quella reale. Ed è lì, oltre che nella quotidianità, che dobbiamo incontrarli. Ma questo compito non può essere delegato alla famiglia, tanto meno a una mamma sola. Occorre che se ne faccia carico la comunità educante: i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti, gli allenatori sportivi, i medici e gli psicologi, tutti coloro che vengono a contatto, in modo significativo, con gli adolescenti.
Nel suo caso, cara Magda, potrebbe parlare con suo figlio ma temo che, sentendosi spiato e scoperto in flagrante «delitto», reagisca al conseguente senso di vergogna e di colpa con atteggiamenti di sdegno, negazione, chiusura, mutismo e isolamento che potrebbero incrinare il vostro rapporto. Meglio, se possibile, chiedere l’intervento, magari in classe, di una figura autorevole senza essere autoritaria, una persona responsabile, capace di testimoniare la bellezza di una vita degna di essere vissuta senza eccedere in prediche e minacce. Se qualcuno, tra i lettori, possiede in proposito esperienze, riflessioni, consigli e suggerimenti, ci scriva. Il compito, difficile e nuovo, riguarda tutti. Per esortarvi a intervenire, cito ancora una volta la fondamentale dichiarazione della narratrice Christa Wolf: «io comprendo solo ciò che condivido».