Accusare l’OMS per celare propri errori

/ 25.05.2020
di Peter Schiesser

Dunque, alla fine l’Assemblea generale dell’organizzazione mondiale della sanità un accordo l’ha trovato, la settimana scorsa: ci sarà un’indagine indipendente sulla gestione della pandemia da Coronavirus da parte della comunità internazionale; si analizzerà il comportamento dell’OMS ma anche quello dei singoli paesi. La mozione presentata dall’Unione europea con l’appoggio di 115 Stati è stata accolta anche dalla Cina e ufficialmente salutata pure dagli Stati Uniti, inizialmente piuttosto scettici. Il direttore generale dell’OMS Tedros Ghebreyesus ha dichiarato che l’inchiesta partirà al più presto, anche se in precedenza era parso incline a iniziarla solo a pandemia superata.

Armonia ritrovata all’interno dell’OMS, dopo le accuse di Stati Uniti e Australia all’organizzazione (accompagnate dal congelamento dei versamenti americani) e soprattutto alla Cina, con richieste di risarcimenti che avevano avvelenato il dibattito internazionale e messo in pericolo la funzionalità dell’OMS? Restiamo cauti: che la Cina e gli Stati Uniti accettino di partecipare all’inchiesta non vuol ancora dire che siano disposti a garantire la massima trasparenza e partecipazione qualora questo dovesse esporli a forti critiche per  palesi errori commessi. Finora il presidente Xi Jinping ha difeso ad oltranza la linea secondo cui Pechino ha fatto tutto in modo trasparente ed eccellente e a Ginevra ha cercato di ingraziarsi l’Assemblea generale dell’OMS promettendo aiuti per 2 miliardi di dollari ai paesi poveri e di mettere a disposizione di tutti i paesi del mondo i vaccini cinesi, quando saranno pronti; Donald Trump dal canto suo ha dimostrato una volta di più che rispetta le istanze e gli accordi multilaterali solo se rispecchiano gli interessi degli Stati Uniti, e fin qui non ha nascosto l’intenzione di accaparrarsi un vaccino da distribuire dapprima ai cittadini degli Stati Uniti.

In effetti, il sospetto è che le accuse formulate all’indirizzo dell’OMS e della Cina siano state (anche) strumentali per nascondere i propri errori. L’organizzazione dell’ONU con sede a Ginevra ha certamente dei compiti precisi, ma le International Health Regulations varate nel 2005 all’indomani dell’epidemia di SARS (2002-2004), che rappresentano un piano pandemico globale, impongono ai 194 Stati membri (molto gelosi della propria sovranità in materia) di approntare piani pandemici per prepararsi a riconoscere e fronteggiare focolai di epidemie, come pure di segnalarle immediatamente all’OMS. E qui, dopo che l’epidemia di SARS è stata soffocata, la volontà della comunità internazionale è presto venuta a mancare: nel 2019 nell’ambito del Global-Health-Security-Index, un dettagliato studio sull’implementazione delle IHR in tutto il mondo, si è giunti alla conclusione che su una scala da 1 a 100 il mondo era mediamente assai poco preparato ad affrontare una pandemia (punteggio: 40,2 su 100). Persino in Svizzera non avevamo tutto il materiale necessario previsto dal piano pandemico, ma in modo molto più grave questo lo si è visto negli Stati Uniti e in altri paesi.

Probabilmente, da un’inchiesta seria e indipendente pochi paesi ne uscirebbero bene. D’altra parte, le critiche alla Cina sono giustificate: non c’è ancora certezza sull’origine del Sars-Cov-2, non sappiamo se davvero è passato da un animale selvatico all’essere umano in un wet market di Wuhan o se, come sostengono virologi rinomati come Luc Montagnier e Peter Chumakow, possa essere sfuggito da un laboratorio a Wuhan. Conoscerne l’origine e le cause è importante per affrontare nuove ondate di contagio. La Cina ha il dovere di chiarire in modo trasparente quel che è successo. Lo farà? L’OMS può solo cercare di convincerla, non ha i poteri di imporlo. Aiuta poco se gli Stati Uniti la indeboliscono ulteriormente, congelando e forse tagliando i fondi: lascerebbero solo più spazio a Xi Jinping. Fra i 194 Stati membri andrebbe invece urgentemente recuperato lo spirito d’intesa di 15 anni fa.