Se, dopo settimane di piogge ininterrotte, il caldo arriva all’improvviso, si avverte ancora di più e spinge le persone a uscire di casa per sostare nei dehors dei caffè a conversare. Tema, le prossime vacanze. I primi scambi di battute sono sempre sul tempo atmosferico: «Mai visto un inizio di giugno così caldo». «Già, fa così caldo che io starei volentieri a torsolo nudo...», afferma un signore brizzolato e aitante. La moglie insorge: «Ma chi ti credi di essere, per andare in giro a torsolo nudo, un Dadone?».
Altra coppia: «Suo marito signora, come sta?». «Bene, grazie. Era qui, è andato solo a comprare le sigarette. Ah, eccolo che arriva, ursus in fabbrica!». La conversazione vira sul tema dell’inquinamento: «Avevamo in progetto una gita a Firenze ma nostra figlia ce l’ha sconsigliato, ha letto su una rivista che sopra la città c’è un ozono pieno di buchi». «Da noi, in montagna, dove abbiamo una casetta per le vacanze, il buco nell’ozono praticamente non c’è. È proprio una specialità del posto, l’ozono senza buchi. E da voi, al mare?». «Oh da noi, l’estate scorsa, in un mese che siamo stati lì, l’ozono si sarà bucato si e no tre volte ma l’hanno riparato subito». «E voi cosa facevate in attesa che lo riparassero?». «Niente, invece di andare in spiaggia, andavamo a visitare i musei». «Quali?» «E chi se li ricorda!» «Noi, quest’anno abbiamo deciso di andare in montagna, anche se poi non ti viene più voglia di tornare in città. Dopo un mese trascorso lì, al ritorno si sente ancora di più che l’aria è piena di smoking».
Tutti i presenti confermano: «Nei primi giorni di rientro», conferma una signora, «io avevo dei continui cognati di vomito». E l’amica: «Io invece mi muovevo come un’autonoma». «Non bisognerebbe mai andare via dalla città, così uno non sente la differenza quando ritorna». «E in più si risparmia». «Oh già. L’estate scorsa volevamo fermarci ancora una settimana ma ci hanno chiesto una cifra gastronomica». «Anche a noi, ma ci siamo detti: per una volta crepi l’avaria!» «Abbiamo fatto bene», sostiene di rinforzo la moglie. «Ogni giorno c’era un menù diverso, da farti venire la collina in bocca». «La sera si andava a passeggiare in un bellissimo parco, dove c’erano dei cervi che andavano in giro liberi, allo stato ebraico». «Anche se abbiamo speso un sacco di soldi, non per questo io mi sento sul banco degli amputati». «Meglio spendere due euro in più piuttosto che andare in quelle pensioni dove magari ti danno da bere dell’acqua inclinata che ti fa venire gli ussari nella pancia». «Ho letto che adesso che siamo ancora fuori stagione, pur di tenere aperto, gli alberghi fanno dei prezzi dilaniati». «Noi avevamo il tivù color in camera con tutti i canali, quelli che si vedevano meglio erano gli arabi, peccato non sapere la lingua». «Anche noi, si prendeva di tutto, solo che a Ferragosto si è guastato e non c’era nessuno in grado di ripararlo. E dire che quando già stavamo facendo le valigie per tornare, hanno scoperto che aveva solo i fusilli bruciati». «Potevate guardare la tivù nella hall». «Oh no, non mi piace per niente, lì sei sempre alla mercedes degli altri». «Noi siamo rimasti a casa a controllare il lavoro dei muratori che, tirando giù un muro, hanno trovato un pollastro».
«Quanta gente famosa è morta l’estate scorsa! Però mai più di uno al giorno, per dare tempo al telegiornale di parlarne». «Se è per questo anche un nostro vicino di ombrellone è morto, eppure non era per niente famoso». «Cosa ne sai? Magari al paese suo era una celebrità». «Beh, famoso o no, se l’è cercata. Andava così forte in macchina che superava sempre la mezzadria della strada». «Ha avuto un incidente?». «Sì, in una curva a vomito». «Ed è morto?». «Non subito, prima l’hanno dichiarato in coma irripetibile». «Io sono andata in auto una volta sola con lui e mi è venuto un attacco di amor panico». «Io sono stato più fortunato. Quell’unica volta che ero in auto con lui è stato costretto a rallentare perché passava un’auto della polizia a sirene spietate». «Eh, sì, ne succedono di disgrazie d’estate!». «Se è per questo anche d’inverno». «Ma è diverso, d’inverno te le aspetti». «Se uno se le aspetta, le disgrazie poi arrivano». «E in più non arrivano mai sole». «Per la salute è meglio l’inverno, l’estate scorsa sono stata troppo tempo al sole e mi è venuta una malattia della pelle, l’irpef. E in più mi si sono infiammati i pollastrelli delle dita».
Inizia la nobile gara delle disgrazie. «E io allora? Nel mio piccolo sono inciampata sulla sogliola della porta e sono starnazzata a terra. Se succedeva d’inverno ero più contenta». «Ti sei fatta male?» «Praticamente niente, ma ero contenta di tornare a casa». «Anch’io, non ne potevo più di stare in mezzo a degli zoticoni che non sanno neanche parlare in italiano. Praticamente a ogni frase che dicono tirano giù uno strafalcione».